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Tav, Ue: "Avis primo passo, ne serviranno altri"

11 marzo 2019 | 13.49
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Il portavoce della Commissione europea per i Trasporti Brivio: "Se ci saranno ritardi ridurremo finanziamenti". Csc:"Rinuncia comporterebbe costi diretti, indiretti e danni immagine"

Immagine di repertorio (Fotogramma)
Immagine di repertorio (Fotogramma)

La pubblicazione degli avis de marché, o avvisi di gara, relativi ai lavori del tunnel di base della Tav Torino Lione "è un primo passo necessario. Ne serviranno altri". A sottolinearlo è il portavoce della Commissione europea per i Trasporti Enrico Brivio, durante il briefing con la stampa a Bruxelles, commentando l'annuncio del premier Giuseppe Conte. "L'Inea (Innovation and Networks Executive Agency, ndr) aveva stimato che se il procedimento di gara non fosse stato lanciato prima della fine di marzo, c'era la possibilità che i lavori non venissero compiuti secondo la tempistica prevista dall'accordo di finanziamento", spiega.

Tav, a che punto siamo?

"La pubblicazione degli avis de marché esaminati dal consiglio di amministrazione di Telt - continua Brivio - è un primo passo necessario: non creano nuovi obblighi giuridici o finanziari, perché le offerte non sono mai vincolanti prima che un vincitore sia stato selezionato e prima che il contratto sia stato firmato. Resta il fatto che se le opere non procederanno come previsto, per ritardi addizionali dovuti a un qualsiasi motivo, il finanziamento Ue dovrà essere ridotto in una fase successiva, sulla base del principio che per tutti i progetti della Cef, se c'è un ritardo, può portare una riduzione del finanziamento Ue, in linea con il principio 'use it or lose it'".

Dal canto suo il premier Conte ha ribadito il suo punto di vista: "Capisco che tutta l'opinione pubblica sia concentrata sul Tav, Tav sì o Tav no. Ho anticipato che adesso lavoreremo sul dossier Tav. Io stesso personalmente lavorerò e avrò una interlocuzione con la Francia e l'Unione Europea per approfondire le criticità emerse. Quello che questo dibattito, legittimo, rischia di offuscare è che l'Italia ha bisogno di investimenti e non esiste solo Tav, ragion per cui domani sarò con Toninelli in Sicilia a sbloccare un cantiere che è altrettanto strategico che è la statale Agrigento-Caltanissetta, nella mia opinione e in quella degli esperti più strategico della Tav". Quanto a Giorgetti, "non ha detto nulla di più e nulla di meno. Ci sono dei trattati che sono stati firmati, altrimenti non ci troveremmo a parlare di Tav. Avremmo messo da parte questa infrastruttura che alla luce degli studi, e non per opinione personale, e tutte le verifiche fatte, è poco conveniente per gli interessi dell'Italia. Dobbiamo parlare di altro". "D'ora in poi, come stiamo lavorando a Palazzo Chigi con una task force con le cabine di regia e con il decreto legge 'Sblocca cantieri ' che porteremo nei prossimi giorni al consiglio dei ministri - ha annunciato - nello stesso modo lavoreremo operativamente cantiere per cantiere per verificare con mano con i tecnici e le imprese coinvolte come sbloccare tutti questi cantieri. L'Italia ha bisogno di questo".

Report Csc - Nel frattempo il Csc in un report siglato da Alberto Caruso e Massimo Rodà spiega come la rilevanza di un'opera come la Tav "va oltre il mero calcolo economico e include, tra gli altri, anche aspetti legati alla sostenibilità ambientale, alla competitività territoriale, agli effetti di agglomerazione sulle economie locali, all'impatto reputazionale". Per gli esperti del Centro studi di Confindustria quindi "il decisore pubblico deve potere utilizzare strumenti di analisi economica complementari rispetto alla sola ACB, che appare limitativa e in molti casi può scoraggiare la realizzazione di progetti infrastrutturali importanti". "Servirebbero, dunque, analisi più ampie come quelle di impatto macro, analisi di equilibrio economico generale o l'analisi multi-criteri" si legge nel report. La rinuncia alla finalizzazione della Tav "comporterebbe potenziali danni derivanti da costi diretti (risarcimenti dei costi sostenuti e perdita occupazionale), indiretti (per esempio aumento della produttività, altri effetti sul mercato del lavoro, effetti derivanti dalle 'economie di agglomerazione'), e da costi di reputazione, ovvero da danni d'immagine e di credibilità dell'intero sistema Paese". "Quest'ultimo aspetto, in particolare, tenderebbe a disincentivare eventuali investitori interessati a finanziare progetti importanti" si legge nel report siglato da Alberto Caruso e Massimo Rodà.

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