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"Spesa pensioni in rialzo fino al 2040"

19 aprile 2019 | 17.33
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(FOTOGRAMMA/IPA)
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Quota 100, lo stop fino al 2026 dell'adeguamento degli assegni all'aspettativa di vita e il raffreddamento delle indicizzazioni delle pensioni per il periodo 2019-2021 determinerebbero nel complesso "un ulteriore aumento della spesa pensionistica fino al 2040, con un picco di oltre 0,7 punti percentuali del Pil nel 2022". Lo rileva l'Ufficio parlamentare di bilancio nel rapporto sulla programmazione di Bilancio.

Dopo il 2040 inizierebbe "una lieve ma prolungata riduzione della stessa (in media circa un decimo di punto di Pil) negli anni successivi fino al 2070, ultimo anno dell’orizzonte previsivo. Fino al 2040, scrive l'Upb, prevale l’effetto di maggiore spesa pensionistica associato con il più elevato numero di persone che vanno in pensione per effetto dei requisiti di 'Quota 100' e dei mancati adeguamenti dei requisiti anagrafici e contributivi alla speranza di vita. Successivamente prevale invece l’effetto di contenimento degli assegni pensionistici connesso con il raffreddamento della loro indicizzazione e con minori anzianità contributive.

CRESCITA - Sulla crescita pesano poi rischi al ribasso, oltre all'incertezza legata al rischio che scattino le clausole Iva, sottolinea l'Ufficio di bilancio nel rapporto in cui si approfondiscono i contenuti dell'audizione sul Def del 16 aprile. Lo scenario della crescita è soggetto a "rischi al ribasso", legati al peggioramento del contesto internazionale, agli squilibri finanziari, all'incertezza sulle scelte del governo sul consolidamento di Bilancio.

In questa cornice resta inoltre "un margine di incertezza sulla valutazione delle conseguenze che l’eventuale aumento delle aliquote dell’Iva avrebbe sui prezzi e sul livello di attività", si legge nel documento.

DEBITO - Inoltre, debito pubblico in salita oltre il 135% del Pil nel 2022 in assenza dei rialzi Iva e degli introiti attesi dalle privatizzazioni: è l'allarme lanciato dall'Ufficio parlamentare di bilancio. "Nel caso estremo in cui l’indebitamento netto tendenziale accresciuto degli effetti delle politiche invariate non sia finanziato attraverso l’attivazione delle clausole di salvaguardia e non si realizzino gli interventi previsti nella manovra indicata nel Def, in assenza anche degli introiti da privatizzazioni si avrebbe un aumento del debito, che si attesterebbe al 134,7 per cento nel 2021 e al 135,4 per cento nel 2022", rispetto al 132,2 per cento del 2018".

Inoltre l'ambizioso piano di dismissioni annunciato dal governo pari all'1% del pil nel 2019 (quasi 18 mld) è sovrastato da incertezze: "Nel quadro programmatico di finanza - scandice l'Upb - pubblica esiste un concreto elemento di rischio correlato all’eventualità che il programma di privatizzazioni possa rivelarsi in tutto o in parte inattuabile".

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