Marano (Confindustria Radio Tv) contro Big tech: “Non investono sul territorio. E ora costruiscono auto senza radio”

Intervenuto su Rtl 102.5, ha lanciato l'allarme: "Senza le antenne sui veicoli, saranno le grandi piattaforme a controllare ciò che potremo ascoltare"

Antonio Marano - IPA
Antonio Marano - IPA
04 dicembre 2025 | 12.11
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“Le big tech non investono sul territorio. Da anni radio, tv e giornali subiscono un prelievo economico enorme da parte di piattaforme che operano senza assumersi responsabilità editoriali, tecnologiche e sociali”. È il grido d’allarme lanciato da Antonio Marano, presidente di Confindustria Radio Tv, intervenuto questa mattina su Rtl 102.5, ospite di “Non Stop News” con Enrico Galletti, Giusi Legrenzi, Massimo Lo Nigro e Lucrezia Bernardo. Marano ha ribadito la richiesta dell’industria dell’informazione affinché Governo e Parlamento adottino politiche di tutela e un quadro normativo che ristabilisca condizioni di concorrenza eque tra editori e grandi piattaforme globali.

“Le piattaforme non pagano l’autostrada: prelievo enorme sull’informazione”

“Vorrei essere molto chiaro. Se oggi radio, tv, giornali e libri garantiscono informazione ai cittadini è grazie a un sistema costruito sull’articolo 21 della Costituzione. Ma tutto questo sta subendo un forte prelievo economico da parte delle big tech, che non investono sul territorio. È come competere con chi non paga autostrada, benzina, tecnologia distributiva e contenuti. Questo è il problema”. Il presidente di Confindustria Radio Tv e consigliere d'amministrazione Rai, facente funzioni di presidente, ha ricordato che la questione riguarda “tutti i paesi europei, dove gli editori hanno alzato la voce”. In Italia, però, “c’è ancora scarsa consapevolezza politica della criticità del tema”.

Auto senza radio: “Così controlleranno ciò che i cittadini possono ascoltare”

Marano ha poi lanciato un allarme specifico per il settore radiofonico: “Le auto vengono costruite e importate senza radio a bordo. La mobilità è il primo punto di riferimento dell’ascolto radio. Se rimane solo il collegamento IP con il cellulare, saranno loro, le piattaforme, a controllare ciò che gli ascoltatori possono sentire”. Una dinamica che apre scenari di concentrazione del potere informativo: “Si rischia una povertà strutturale. L’Italia, come ha detto qualcuno più importante di me, rischia di diventare una colonia”.

Responsabilità dei contenuti: “Loro diffondono video di minori e violenze, noi veniamo sanzionati”

Marano ha poi puntato il dito sulla mancanza di responsabilità editoriale delle big tech: “La loro forza è distribuire contenuti senza una responsabilità giornalistica o direttiva. Hanno vantaggio economico, ma nessuna responsabilità civile, penale o editoriale. Possono diffondere filmati di violenza, bullismo, minori, come vediamo ogni giorno. Se lo fa una tv viene immediatamente sanzionata”. Da qui la richiesta degli editori: “Non chiediamo contributi, chiediamo solo che chi opera nel nostro mercato rispetti le stesse regole”.

Lo scenario ideale: “Regole uguali per tutti”

Il punto centrale è riportare equilibrio nel sistema: “Lo scenario ideale è che si adeguino alle regole dell’editoria: responsabilità, giornalisti pagati, investimenti. Meta in Italia fattura 2 miliardi e 200 milioni e ha 24 dipendenti. Sono 24 famiglie. Significa che il loro è solo un modello di raccolta, non di investimento”.

Il nodo economico: “Il mercato pubblicitario della radio in Italia vale un terzo di Francia e Germania”

Il presidente di Confindustria Radio Tv ha evidenziato anche le distorsioni del mercato pubblicitario: “Gli ascolti radio in Italia sono simili a Francia e Germania. Ma il mercato pubblicitario vale un terzo. Perché? Perché non c’è tutela del valore del contenuto. Le fake news, la mancanza di responsabilità e ora anche l’intelligenza artificiale alimentano confusione, falsificano la verità”. A questo si aggiunge un rischio più ampio per la democrazia: “La verità si tutela con la responsabilità. E la pluralità dell’informazione richiede tante voci. Il controllo diretto e uniforme di alcune piattaforme diventa un potere politico, commerciale e culturale sulle generazioni future”.

Marano ha concluso sottolineando che l’allarme non riguarda solo il settore, ma la tenuta del sistema democratico: “È un tema difficile da comunicare, ma fondamentale. Il nostro compito è far capire che non è una disputa commerciale: è la difesa del pluralismo, della responsabilità e del diritto dei cittadini a un’informazione libera e trasparente”.

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