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Troppo rumore in mare, è allarme per balene e delfini

09 settembre 2021 | 12.41
LETTURA: 2 minuti

A provocare conseguenze gravi sui cetacei è l'effetto combinato di traffico nautico, indagini sismiche, sonar e trivellazioni petrolifere

(Foto di Laura Pintore Wwf Italia)
(Foto di Laura Pintore Wwf Italia)

In mare c'è troppo rumore e a farne le spese sono i cetacei. L'inquinamento acustico è infatti un’emergenza da regolamentare al più presto se si vogliono salvare i cetacei, animali 'acustici' per eccellenza, che già versano in critiche condizioni di conservazione, delfino compreso. È quanto emerge dal nuovo report del Wwf 'Rumore antropico nel mare, sopportabile per l’uomo, deleterio per i cetacei', con il quale l’Associazione chiede alle istituzioni misure urgenti per normare e ridurre le emissioni sonore di origine antropica nel 'Mare nostrum', vero e proprio 'hotspot' di biodiversità per i cetacei.

“I cetacei sono mammiferi marini che dipendono fortemente dalla comunicazione sonora e l’inquinamento acustico derivante da traffico nautico, indagini sismiche, sonar, sfruttamento di giacimenti di olio e gas, impianti eolici offshore provoca purtroppo conseguenze gravi su balene, delfini e altri mammiferi marini” si legge nel report.

L’esposizione al rumore può produrre un’ampia gamma di effetti negativi sui mammiferi marini, dal forzato abbandono dell’area alla perdita di sensibilità uditiva come conseguenza di traumi acustici, che dipendono poi dalla durata e dall'intensità dell'esposizione. Il Wwf descrive nel report due categorie di rumori: quello impulsivo o anche detto 'a impatto' è quello prodotto dalle esplorazioni petrolifere, sismiche e oceanografiche o dall’impiego di air-guns o dai sonar. E’ un suono ad alte frequenze, di breve durata che può ripetersi o meno nel tempo.

Il rumore continuo, come quello prodotto dal traffico nautico, è un suono a basse frequenze che persiste nel tempo (da pochi minuti a diverse ore). Entrambi i tipi di rumore provocano effetti collaterali sulla vita dei cetacei, che tendono ad allontanarsi dalle loro abituali zone di alimentazione e riproduzione, o addirittura perdere le loro capacità uditive e di orientamento nello spazio, tanto da spiaggiarsi sulle nostre coste.

“È ormai evidente come la conservazione dei cetacei nei mari del mondo dipenda da una serie di importanti fattori, tra cui la nostra capacità e volontà di ridurre l’inquinamento acustico, a cominciare dallo sviluppo di una normative, oggi assente. È inoltre quanto mai urgenti e necessario che istituzioni, enti di ricerca, aziende e società civile si impegnino per implementare programmi di monitoraggio esaustivi su scala nazionale per aggiornare lo stato di conservazione delle specie di cetacei, colmare le lacune conoscitive sulle specie data deficient e identificare le aree critiche per i cetacei nei mari italiani” ha detto Donatella Bianchi, presidente Wwf Italia.

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