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Bioingegnera italiana in Olanda studia neuroni per cure su misura

23 agosto 2019 | 14.08
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(Fotolia) - jolopes - Fotolia
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Studiare il passaggio di informazioni tra i neuroni, in particolare i 'problemi di comunicazione' alla base di alcune malattie neurologiche come l'epilessia, per aiutare i medici a trovare le cure giuste, a misura di singolo paziente. Utilizzando, per studiare l'enorme complessità del cervello, modelli semplici e comprensibili. E' questo il lavoro di una giovane bioingegnera italiana, Monica Frega, 'fuggita' in Olanda all'università di Twente, un grande centro tecnologico dove la giovane scienziata insegue il suo sogno: "Creare un ponte tra ricerca e clinica, usando ciò che riusciremo a scoprire per aiutare il medici a indirizzare le terapie per una medicina di precisione".

Lo spiega all'AdnKronos Salute la stessa ricercatrice che, al Meeting di Rimini, ha raccontato il suo lavoro durante l'incontro 'Modelli semplici per cervelli complessi', introdotta da Sergio Martinoia, docente di Bioingegneria, Dipartimento di Informatica, Bioingegneria, Robotica e Ingegneria dei sistemi, università degli Studi di Genova, con il quale la scienziata collabora.

"Ciò che faccio - prosegue Frega - è studiare come funzionano i neuroni". Una sfida complessa, considerando che oggi il cervello resta ancora un organo molto misterioso. "Lo conosciamo ancora pochissimo - assicura la scienziata - Abbiamo centinaia di miliardi di neuroni che si connettono in una rete complessa attraverso miliardi di sinapsi. Quello che conosciamo è molto limitato. Cerchiamo di 'leggere' il funzionamento attraverso modelli come il connettoma del vermicello della frutta (C. elegans) che ha solo 302 neuroni". Le tecnologie oggi sono molto avanzate, "ma ci permettono comunque di ricostruire una minima parte del cervello creando immagini statiche, mentre il cervello è in movimento".

In laboratorio di Monica Frega lavora su cellule specifiche del paziente. "Ciò che faccio - precisa la bioingegnera - è prendere cellule della pelle del paziente, farle tornare allo stadio embrionale e poi forzarle a svilupparsi come cellule nervose. A quel punto studio la comunicazione tra le cellule che è alterata in presenza della malattia, come l'epilessia ad esempio".

"Il punto è scoprire perché le cellule comunicano male e come intervenire per una cura su misura. Oggi i medici non hanno modo di prevedere come il singolo malato reagirà al farmaco. L'ambizione del mio lavoro, da bioingegnere che al contempo lavora da 4 anni con i medici - conclude la scienziata - è aiutare i clinici in questo".

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