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Rifiuti: da filiera organico 2 mld e mezzo di benefici per il Paese

13 maggio 2016 | 17.04
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Rifiuti: da filiera organico 2 mld e mezzo di benefici per il Paese

Con quasi 6 milioni di tonnellate di rifiuti organici intercettati e trattati nel 2014, il settore ha generato un volume d’affari pari a 1,6 miliardi di euro, con circa 12.000 addetti. Filiera che nel 2020 potrebbe portare a un aumento del giro d'affari di 300 milioni, la creazione di altri 5.000 nuovi posti di lavoro considerando l’indotto e benefici netti per il sistema Paese, solo con compostaggio e digestione, per 2 miliardi e mezzo di euro cui andrebbero, in prospettiva futura, aggiunti 1,3 miliardi di euro di ricadute economiche e occupazionali della innovativa filiera del biometano.

Sono i dati emersi dalla ricerca “La filiera del rifiuto organico. Un patrimonio italiano da valorizzare” realizzata da Althesys Strategic Consultant per il Consorzio Italiano Compostatori (Cic), presentata a Firenze in occasione dell'incontro “Dal biowaste una filiera virtuosa made in Italy”.Quella del rifiuto organico, per il presidente del Cic Alessandro Canovai, "è la filiera del riciclo a più alta crescita e a maggior potenziale futuro, rappresentando un volano per occupazione e investimenti nonché un settore cruciale per la politica dei rifiuti in Italia”.

La raccolta della frazione organica ha infatti registrato tra il 2011 e il 2014 un incremento del 27%, passando da 4,5 a 5,7 milioni di tonnellate. "E’ il fulcro della raccolta differenziata in Italia costituendone il 43% - sottolinea Canovai - Secondo le nostre stime entro il 2020 saranno raccolti e riciclati fino a 8 milioni di tonnellate di rifiuti organici all’anno”.

Secondo la ricerca presentata dal Cic, il compostaggio e la digestione hanno ancora ampio potenziale di crescita e di sviluppo e risultano strategici per cogliere gli obiettivi europei e portare in discarica solo il 5-10% dei rifiuti urbani, come avviene nelle nazioni europee avanzate.

Per quanto riguarda compostaggio e digestione, lo scenario al 2020 realizzato dalla ricerca mette in luce un progressivo aumento dell’umido e del verde intercettato, che arriverebbe al 72,5%, e dei benefici netti per il sistema Paese che sarebbero di circa 2 miliardi e mezzo di euro con una stabilizzazione dei costi incrementali di raccolta differenziata ma con un lieve calo di quelli di trattamento e di trasporto; i principali benefici deriverebbero quindi dai costi di smaltimento evitati.

Per la filiera del biometano si prevedono invece 1,3 miliardi di euro di ricadute economiche ed occupazionali al 2020, considerando 400 milioni di euro di investimenti solo per il biometano con effetti positivi soprattutto nelle aree oggi meno sviluppate (Centro-Sud Italia) e la produzione di 205 ml mq di biometano, di cui oltre la metà al Sud.

Per Massimo Centemero, direttore del Cic, bisogna però investire in nuovi impianti su tutto il territorio e lavorare su una strategia nazionale di waste management. "Ci stupisce - commenta - la scarsa considerazione della politica al ruolo del settore del biowaste. Le aziende Cic da più di 20 anni creano green jobs, sono coerenti con i principi dell’economia circolare e di fatto sono state le prime biolaffinerie ante litteram”.

“Ci rammarichiamo anche dell’attuale formulazione dell’articolo 41 del Disegno di Legge (Collegato Agricoltura, AS 1328-B) che dispone l’esclusione degli sfalci e le potature di parchi e giardini dal campo di applicazione dei rifiuti”, aggiunge Canovai, ricordando che su 5,7 milioni di tonnellate di rifiuti organici, 1,9 milioni di tonnellate provengono dal verde, più del 33%.

Se la norma passasse, "si andrebbe a togliere un importante ingrediente per trasformare i rifiuti organici" e, allo stesso tempo, “non solo esporrebbe il nostro paese ad un’altra procedura di infrazione europea, ma comporterebbe anche un incremento dei costi di trattamento dei rifiuti urbani e delle tariffe per i cittadini, oltre ad avere numerosi effetti negativi con ricadute sull’impresa, l’occupazione, e non ultimo l’ambiente”.

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