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Camorra, minacce a Saviano e Capacchione: due condanne e un'assoluzione a Roma

24 maggio 2021 | 16.27
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Per il 'proclama' letto in aula nel 2008 nel processo d'Appello 'Spartacus'. Lo scrittore: "Sentenza dimostra che clan dei Casalesi non è invincibile"

(Fotogramma)
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Due condanne e un’assoluzione nel processo per le minacce rivolte in aula durante il processo di Appello ‘Spartacus’ a Napoli, nel 2008, alla giornalista Rosaria Capacchione e allo scrittore Roberto Saviano. E’ quanto hanno deciso i giudici della Quarta sezione penale del Tribunale di Roma che hanno riconosciuto le minacce aggravate dal metodo mafioso. In particolare il boss del clan dei Casalesi Francesco Bidognetti è stato condannato a un anno e sei mesi, l’avvocato Michele Santonastaso a un anno e due mesi mentre è stato assolto l’altro avvocato Carmine D'Aniello.

Il pm Alberto Galanti nella requisitoria dell’11 febbraio scorso aveva chiesto una condanna per tutti a un anno e mezzo. Ad assistere alla lettura della sentenza era presente in aula lo scrittore Roberto Saviano. Come parte civile erano presenti la Federazione Nazionale della Stampa, rappresentata dall'avvocato Giulio Vasaturo, e l'Ordine dei giornalisti della Campania. Quattro anni fa era stata dichiarata nulla la sentenza di primo grado dalla Corte di Appello di Napoli per incompetenza territoriale e il procedimento era stato trasferito a Roma.

"Speriamo che da questa sentenza arrivi il messaggio che non si può impunemente aggredire chi fa informazione né che si possa fare in un'aula di giustizia - ha detto il presidente Fnsi Giuseppe Giulietti dopo la sentenza - Noi saremo sempre al fianco dei cronisti anche di quelli meno noti, precari o che non hanno la forza di denunciare. Una sentenza che ci impegna a essere sempre più presenti".

"Questo processo non risarcisce ma è stata una lunga battaglia che ha dimostrato che il clan dei Casalesi non è invincibile" ha detto Roberto Saviano dopo la sentenza. "E’ stato un processo delicato che ha raccontato come un clan ha cercato di intimidire chi scriveva del suo potere. Una sentenza - ha aggiunto lo scrittore - che mi dà speranza ma che non mi restituirà i 13 anni di dibattimento e i 15 anni di vita sotto scorta, vivere sotto protezione è significato perdere la propria vita. Sono contento anche per Rosaria Capacchione, vittima di anni ferocissimi e sottoposta ad attacchi. Sono contento che questa sentenza sia stata pronunciata a Roma perché dimostra che il problema della criminalità non riguarda solo il Sud".

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