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Coronavirus, Statale Milano: "Abbiamo modello per capire epidemia Italia"

28 febbraio 2020 | 13.06
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(Fotogramma)
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di Lucia Scopelliti

"Quelli diffusi sono dati preliminari. Il lavoro che abbiamo fatto finora è stato sulle sequenze virali cinesi del nuovo coronavirus che ci hanno dato informazioni importanti sull'origine del virus e sull'inizio della sua trasmissione, risultata antecedente rispetto alla descrizione dei primi casi. Lo studio è un modello che potrà essere utile anche per le ricerche che verranno fatte sul versante italiano" della Covid-19. "Tutte queste informazioni saranno importanti e d'aiuto anche per gli epidemiologi che sono impegnati a capire meglio l'origine dell'epidemia italiana". A spiegarlo all'AdnKronos Salute è Gianguglielmo Zehender, professore di Igiene generale applicata dell'università Statale di Milano e primo autore dello studio 'tricolore' che ha ricostruito i primi mesi dell'epidemia nel gigante asiatico.

Originariamente, sottolinea Zehender, "il virus si diffondeva meno efficacemente. A un certo punto le cose sono cambiate. Il nostro studio ci suggerisce un'ipotesi su come e perché la trasmissione sia diventata più efficiente: essendo un virus arrivato da un serbatoio animale, nei primi mesi prevaleva questa trasmissione animale-uomo, mentre a dicembre probabilmente si sono innescate modalità più efficaci come quella respiratoria e quindi uomo-uomo. Da qui la comparsa dei primi casi clinici più evidenti. Questa è un po' la ricostruzione che abbiamo fatto".

"In Cina c'è stata una situazione molto diversificata rispetto all'Italia - ragiona Zehender - Probabilmente era emerso da un serbatoio animale un virus che ha iniziato a circolare in qualche modo tra la popolazione. Qui in Italia sarà arrivato qualcosa direttamente dalla Cina con soggetti, non necessariamente di nazionalità cinese, che si sono esposti là. E' un virus che proviene di fatto dalla Cina e che lì si è generato. Le tecniche che abbiamo adottato finora sono le stesse che adesso verranno impiegate negli studi sul virus circolato in Italia".

Sulla base della variabilità dei geni del virus, osserva lo scienziato, "si può cercare di ricavare informazioni importanti per costruire un'ipotesi e verificarla sul campo". Lo studio sulle sequenze virali cinesi "ci ha dato informazioni importanti su come la trasmissibilità del virus è cambiata ed è diventata più efficiente a dicembre, rispetto a come si diffondeva originariamente". Sicuramente, evidenzia il ricercatore, "uno degli scopi di questo tipo di studi è capire anche quanto è variabile un virus", capire se è stabile o se muta e con che velocità.

"In particolare di questo virus sappiamo molto poco, tutti quanti possiamo solo imparare studiandolo - sottolinea Zehender - La ricerca ci ha permesso di fare una stima della variabilità genetica e abbiamo trovato che il nuovo coronavirus è variabile, ma come lo sono in gran parte i virus" di questo tipo, cioè quelli "con acido nucleico di tipo Rna. Sono virus più variabili rispetto a quelli con genoma a Dna. Il nuovo coronavirus si allinea su tassi che conosciamo". Il lato positivo? "Quantomeno - conclude - rassicura il fatto che abbiamo strumenti che ci consentono, a distanza di un mese di ricerche, di poter ricostruire la storia di un'infezione emergente".

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