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"Il 4 giugno mi uccido", sospetto caso di Blue Whale a Palermo

01 giugno 2017 | 12.02
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Immagine di repertorio (Fotogramma) - FOTOGRAMMA
Immagine di repertorio (Fotogramma) - FOTOGRAMMA

Indagini a Palermo dopo il ritrovamento di due scritte riconducibili al fenomeno del cosiddetto ‘Blue Whale’, la pratica dell’orrore che porta la vittima minorenne, attraverso 50 tappe, fino all’atto estremo del togliersi la vita. Le scritte sono state scoperte dentro un centro commerciale. Nelle frasi una ragazza dice di aver fatto il gioco della balena blu e annuncia il prossimo passo: il 4 giugno si toglierà la vita da un ponte di viale Regione siciliana. Non è ancora chiaro quando le frasi siano state scritte. Sulla vicenda indagano i carabinieri.

"Quanto sta accadendo è semplicemente allucinante", dice Domenico Di Fatta, dirigente scolastico del liceo delle Scienze umane e linguistico 'Danilo Dolci' di Palermo, commentando con l'AdnKronos il primo caso sospetto di 'Blue Whale' nel capoluogo siciliano. Secondo il preside l'unico modo per fronteggiare questa odiosa pratica "è informare i ragazzi sulle insidie di un uso distorto del web che se ben utilizzato, invece, è una grandissima risorsa per le giovani generazioni".

"Per i ragazzi oggi l'unica realtà è quella che viene veicolata attraverso Facebook - dice ancora Di Fatta -. Per loro è diventato un punto di riferimento e ogni cosa per aver l'avallo dell'autenticità deve passare da lì. Come educatori abbiamo l'obbligo di svelare agli studenti le insidie del web". Da tempo proprio l'istituto che sorge in un quartiere a rischio come Brancaccio ha attivato un protocollo con l'Azienda sanitaria provinciale. "Una psicologa viene a scuola una volta a settimana" spiega il preside.

Così quando emergono casi di disagio giovanile dall'anoressia a presunti abusi sino al bullismo e al cyberbullismo, dopo un pre-colloquio effettuato dai docenti per verificare l'autenticità della segnalazione, scatta l'incontro con la specialista. "Abbiamo registrato un paio di episodi di cyberbullismo e siamo riusciti a intervenire in tempo - spiega Di Fatta -. Quello che preoccupa è che nella maggior parte dei casi i ragazzi non si rendono conto della pericolosità del loro comportamento, agiscono con inconsapevolezza e incoscienza".

Ma per Di Fatta c'è un altro aspetto che merita attenzione. "C'è una vera e propria dipendenza dai cellulari - racconta -. Quando facciamo loro consegnare i telefoni durante le lezioni o i compiti in classe qualcuno con le lacrime agli occhi chiede di riaverli indietro". Una forma di dipendenza che porta anche a "una socialità distorta" avverte il dirigente scolastico. "Anche quando sono in gruppo spesso parlano tra di loro scambiandosi messaggi. Comportamenti che sono cresciuti in modo esponenziale negli ultimi anni e che certamente destano allarme". Cosa possono fare i genitori per arginare questo fenomeno? "Dovrebbero parlare di più con i ragazzi, spiegare loro in che misura Internet può essere pericoloso. Come educatori - conclude - abbiamo il dovere di ascoltare i nostri studenti, dialogare di più con loro per incrementare la loro consapevolezza".

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