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Mafia: ex funzionario Dap, Conso cercò Mancino su provvedimenti 41 bis

27 febbraio 2015 | 11.58
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A fine maggio del 1993, pochi giorni prima che l'ex capo del Dap Nicolò Amato venisse sostituito, a sorpresa, da Adlaberto Capriotti, l'allora ministro della Giustizia Giovanni Conso, prima di firmare alcuni provvedimenti di carcere duro 41 bis "cercò al telefono l'allora ministro dell'Interno Nicolò Mancino, ma non lo trovò". A raccontarlo, deponendo al processo per la trattativa tra Stato e mafia è Paolo Falco, l'ex funzionario del Dap, oggi in pensione, che dal '92 al '93 prestò servizio alla segreteria dell'allora capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, Nicolò Amato. Mancino è tra i dieci imputati del processo, accusato di falsa testimonianza. "Ci lavoravo fianco a fianco - racconta oggi in aula - Ricordo che mi chiamò il numero due dell'epoca, Edoardo Fazzioli, e ebbi occasione di lavorare per il capo dipartimento Amato che poi mi chiamò nella segreteria particolare". "Un giorno, a fine maggio 1993 - ricorda ancora Falco - arrivò all'aeroporto Ciampino, dove ci trovavamo di ritorno da Sulmona, Edoardo Fazzioli, che era il vicecapo del Dipartimento Dap e portò al ministro di allora, Giovanni Conso dei provvedimenti di carcere duro da firmare, ma non ricordo quanti erano. Per portarli fino a lì c'era evidentemente un problema di urgenza. Non so se era una verifica o una conferma del 41 bis. Davanti a quei documenti il ministro Conso decise di consultare telefonicamente il ministro dell'Interno di allora, Nicola Mancino".

"Durante i tentativi ci fu un'espressione di disappunto di Amato che rivendicava la competenza del Dap. Ricordo che disse al ministro, dandogli del tu: 'Giovanni, queste cose dovremmo deciderle noi'. So che Conso cercò Mancino al telefono fisso in ufficio, anche a casa. Ma era un sabato sera del maggio 1993, ma non ricordo il giorno. Tentò ma non lo trovò". Poi Falco ricorda anche il giorno in cui Amato fu allontanato dal suo incarico, il 4 giugno '93: "Io lo appresi la mattina in ufficio, me lo dissero i commessi che erano costernati per il repentino avvicendamento di Amato. In quei giorni c'era un convegno a Rimini e lui mi aveva dato un incarico particolare, di redigere un appunto in cui si poneva una querelle con un sindacato". Secondo l'accusa Amato sarebbe stato sostituito perché ritenuto troppo duro sul carcere duro. E racconta che il vice ispettore dei cappellani dei detenuti di allora, monsignor Fabio Fabbri "mi aveva dato un avviso che si volesse sostituire Amato, almeno un mese prima". "Ricordo che ci trovammo in una cerimonia privata di un comune amico, forse un matrimonio. Mi prese da parte e mi disse di mettere Amato sull'avviso".

Il teste risponde alle domande del pm Tartaglia

Alla domanda del pm Roberto Tartaglia, in aula presenti anche i pm Nino Di Matteo e Francesco Del Bene, se monsignor Fabbri abbia detto a Falco "di chi era l'intendimento?" dell'avvicendamento, Falco risponde: "Non ricordo i particolari, ma credo da parte del ministro. Mi disse che la sede dei cappellani era stata spostata da Amato". Dopo Amato arrivò, nel giungo 1993, Adalberto Capriotti. "Ma i rapporti con il nuovo capo del Dipartimento Adalberto Capriotti non erano ottimi. Io fui tolto dal precedente incarico. Sembrava quasi un trasferimento punitivo. Passai alcuni mesi a 'bagno maria'. Era più Francesco Di Maggio, il vice di Capriotti, che esternava che presupponeva che c'erano cose non fatte bene nella precedente gestione. Poi dopo diversi mesi andai all'Ufficio detenuti. Ero più usato a scrivere relazioni ma non fui mai coinvolto in niente sul 41 bis".

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