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Mafia: Tranchina, io complice di fatti atroci

12 marzo 2014 | 14.31
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"Mi sono reso inconsapevolmente complice di fatti che non sapevo. Sono fatti che mi hanno spento la vita. Mi riferisco a fatti atroci, come la strage di via D'Amelio". A parlare e' il pentito Fabio Tranchina che nell'aula bunker di Rebibbia sta rispondendo alle domande dei pm nel processo sulla trattativa Stato-mafia.

Tranchina ha ripercorso il suo legame con il boss Giuseppe Graviano. "L'ho conosciuto nel 1991 quando ero fidanzato con Giovanna Lupo. In quel periodo - ha raccontato Tranchina - facevo il militare presso i vigili del fuoco e dopo il mio congedo ebbi il primo appuntamento con lui. Inizialmente mi fu detto che mi dovevo occupare di lui, della sua latitanza, 'battergli' la strada".

"Mi pagava due milioni, due milioni al mezzo al mese - ha spiegato Tranchina - mi pagava la macchina. Mio padre che lavorava ai cantieri navali non prendeva piu' di un milione. Lo accompagnavo agli appuntamenti e quando mi voleva far capire che una persona era vicina a noi mi diceva e' fratuzzu nostru'".

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