(Aki) - Abdel Rahman sottolinea che "qualche tempo fa abbiamo parlato con un membro del consiglio locale di Raqqa, che faceva parte del Partito comunista, il quale ci ha confermato che padre Paolo e' vivo e che e' detenuto presso la diga di Teshreen. In quell'occasione, chiedemmo ai rapitori di far avere notizie su di lui". L'attivista aggiunge che "le notizie piu' recenti che ci sono pervenute da una terza fonte che non e' lo Stato islamico dicono che i rapitori di padre Paolo volevano aprire un canale e vendere un video che mostrava il gesuita, ed e' cio' su cui stiamo insistendo per avere conferme sulle sue sorti".
Per Abdel Rahman, la notizia riferita dalla Lega siriana per i diritti dell'uomo, che parla di un testimone secondo cui padre Paolo sarebbe stato ucciso, e' solo "un comunicato giornalistico e non un documento credibile. Ci aspettavamo che lo Stato islamico chiedesse un riscatto per il suo rilascio - precisa - ma fino ad ora non sono stati presi contatti con le parti che detengono padre Paolo". Secondo l'attivista, "lo Stato Islamico non si cura dei comunicati giornalistici o di quelli delle organizzazioni per i diritti umani" e di conseguenza le notizie recenti "non avranno nessuna ripercussione" sulla vicenda del gesuita.
