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Rassegna stampa: il lavoro nei quotidiani di oggi

02 febbraio 2017 | 10.29
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Rassegna stampa: il lavoro nei quotidiani di oggi

Al centro dei giornali in edicola i conti pubblici e i rapporti con Bruxelles e il dibattito sul voto anticipato. In un'intervista al 'Corriere della sera', il ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, afferma: "Gli anni della crisi sono stati per l’Italia peggiori rispetto a ogni altro grande paese europeo. Dal punto di vista economico e sociale l’esito è stato paragonabile a quello di una piccola guerra. Solo negli ultimi due anni e mezzo, anche grazie al lavoro del governo Renzi, abbiamo iniziato un lento processo di recupero. Ma le fratture e le fragilità sono ancora tutte qui". "L’Italia è stata già provata nell’ultimo anno, dal referendum sulle trivelle in poi, da continui ed esasperanti appuntamenti elettorali. Fermarsi per dodici mesi mi sembra saggio e auspicabile. Il mio suggerimento è costruire un percorso che tenga insieme il governo e il Partito democratico. Immagino che Renzi stia considerando la soluzione", aggiunge.

Intervistata dal 'Mattino' Paola De Micheli, sottosegretario all'Economia, dichiara: "Abbiamo deciso di tenere una linea molto chiara e prudente con l'Europa: non interverremo con misure che compromettano la crescita e, allo stesso tempo, ci prenderemo tutti gli spazi di bilancio necessari per finanziare i terremoto. Il piano che abbiamo in testa vuole rimettere in moto l'economia, ma soprattutto punta alla riduzione del debito pubblico".

Nella sua prima intervista, al 'Corriere della sera', da presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani, avverte: "Mi pare che Paolo Gentiloni abbia capito meglio di altri che tipo di linguaggio usare a Bruxelles. Sta cercando di trovare una soluzione, senza rinunciare alle richieste italiane. Penso che i suoi toni pacati, ma fermi nella sostanza, in Europa porteranno più risultati". E aggiunge: "Quello tra risanamento e crescita non è un matrimonio impossibile, a condizione di lavorare sulla qualità della spesa".

A 'Repubblica' Lars Feld, economista e consigliere del cancelliere tedesco Angela Merkel, spiega: "Nei calcoli della Commissione Ue sono già compresi i fabbisogni emersi con i terremoti più recenti. Penso che l’Italia non abbia più il diritto di avere altra flessibilità e che Bruxelles debba insistere su questo. Alla luce del fondo da 20 miliardi per le banche che potrebbe aumentare il debito, il livello è molto problematico. Le divergenze tra Padoan e il premier, in questo senso, dimostrano che il ministro sa esattamente che una maggiore flessibilità non è ragionevole".

Alla 'Stampa' il presidente del gruppo Ppe al Parlamento europeo, Manfred Weber, dice: "È importante ora che tutti facciano finalmente i loro compiti a casa. La Germania dovrebbe ridurre il suo avanzo delle partite correnti, che è massiccio, ridurre le tasse, fare investimenti infrastrutturali e rafforzare il suo mercato interno, girando il surplus statale ai cittadini affinché sviluppino potere d’acquisto. E l’Italia deve riportare in ordine il suo bilancio, risolvere i problemi delle sue banche e attuare le necessarie riforme strutturali".

In un'intervista ad 'Avvenire', l'economista Alberto Quadrio Curzio sostiene che "paradossalmente hanno ragione sia Roma sia Bruxelles in questa disputa tra i conti pubblici, ecco perché forse la soluzione ideale potrebbe essere quella di incontrarsi a metà strada". Per l'economista, "è fondamentale trovare un punto di incontro: allo stato attuale la scelta più logica sarebbe quella di dividere a metà il sacrificio, un aggiustamento dello 0,1% può mettere d’accordo tutti per il 2017".

Secondo Giovanni Dosi, direttore dell’istituto di economia della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, interpellato dal 'Giorno', "così come con la Grecia, anche con l’Italia insistere sull’austerità sarebbe disastroso: l’economia italiana ha bisogno di flessibilità in questo momento". "D’altra parte - ammette - è stato un errore per un Paese come l’Italia voler stare fra i primi della classe quando si trattava di aiutare la Grecia. Ora ci troviamo in una situazione analoga e non c’è nessuno disposto ad aiutare noi".

Sul fronte bancario, 'Avvenire' intervista l'ad di Bper, Alessandro Vandelli: "L’Unione bancaria è uno dei pilastri del nuovo sistema, il passaggio alla vigilanza Bce era inevitabile. Il credito deteriorato è certo un problema. Ma il rischio è che diventi un paradigma. Bisogna tener più conto delle specificità, non si possono fare regole uguali per tutti. Il profilo degli istituti italiani è ben diverso da quello di altre parti d’Europa, dove si è più orientati su attività di tipo finanziario e speculativo, i cui rischi impliciti sono invece sottovalutati. Mi auguro che si possa avere un quadro normativo stabile nei prossimi anni, che ci consenta una più efficace programmazione, senza cambi continui. Ma, in definitiva, credo che le banche italiane riusciranno a superare questi scogli".

Il 'Giornale' dedica un'ampia intervista a Ennio Doris, in occasione di un anniversario importante: il 2 febbraio 1982, esattamente 35 anni fa, è nata la sua creatura, che allora si chiamava Programma Italia e oggi è diventata Banca Mediolanum: "Abbiamo fatto un bel po’ di strada, ma molta resta ancora da fare. È una tappa: la tappa importante di un percorso", afferma.

La 'Stampa' intervista Giovanni Mottura, commercialista, curatore fallimentare e custode giudiziario: "Ci vorrebbe una maggiore sensibilità del mondo penalistico nella valutazione dei fatti aziendali che si traduce spesso in un’entrata a gamba tesa, mi riferisco alle procedure di concordato liquidatorio, in realtà che invece potrebbero ancora avere possibilità di valorizzazione della capacità imprenditoriale espressa negli anni precedenti".

Al 'Sole 24 ore' Tim Castree, Global Ceo di Mec, sottolinea: "Le aziende italiane percepiscono la necessità di essere digital, innovative. Ma spesso non hanno i mezzi per farlo. Ecco che quindi, per stare al passo, si fa strada il modello della partnership".

In un'intervista al 'Tempo' Carlo Costalli, presidente del Movimento Cristiano Lavoratori, sostiene che "i tempi non ci sono per andare al voto così presto e soprattutto non possiamo dimenticarci le priorità del Paese per rincorrere a tutti i costi le urne e una legge elettorale decente. Bisogna affrontare temi veri come il lavoro: i dati Istat dimostrano l’ormai conclamato fallimento del Jobs act. Cosa vogliamo fare, restare a guardare mentre quasi un giovane su due non ha un lavoro?".

E, a proposito di giovani che si inventano un lavoro, 'Libero' intervista Giovanni Cafaro, 45 anni, originario di Salerno ma da 12 anni residente a Milano (dove ha tra l’altro frequentato con successo anche un Master in organizzazione aziendale alla Bocconi), che è il primo 'codista' italiano: "Siamo circa in 300. La maggior parte di noi lavora nelle grandi città come Roma, Firenze, Napoli, Torino, Bologna, Verona. A Milano e provincia siamo una ventina, dai 24 anni fino ai 65, metà donne e metà uomini: la maggior parte di noi fa il codista a tempo pieno, ma ci sono anche un paio di studenti universitari e pensionatiche lo fanno part-time per arrotondare".

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