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Paolo Rossi, Tardelli: "Ti ho cercato in preda al panico, ora sono al buio"

Marco Tardelli (Fotogramma)
Marco Tardelli (Fotogramma)
11 dicembre 2020 | 10.49
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"Click. Buio. Stamattina all'alba rispondendo come un automa alla telefonata di Michel, dentro di me si è spenta la luce". Inizia così la commovente lettera di saluto a Paolo Rossi di Marco Tardelli su 'La Stampa'. "Buio pesto - prosegue -, niente lacrime, niente parole, niente di niente. Solo buio è un ingorgo indescrivibile di emozioni bloccate in gola. A togliermi il respiro. Non riesco, mi sono detto, non posso parlare o scrivere di Paolo oggi. Un fratello che se ne va senza un perché e senza preavviso. Poi ho pensato che negli ultimi tempi ti ho cercato, come in preda al panico, come sentendo qualcosa dentro e non sono riuscito, se non con sms o attraverso Federica, a dire quello che avrei voluto. E allora forzando il mio carattere chiuso e pieno di pudore, di cui sorridevi divertito e scanzonato, provo a dirtelo qui, fratello sul campo e nella vita. Fratello di gioia, di luce, di pure totale felicità. È difficile, direi impossibile per me ricordare tutto quello che abbiamo vissuto insieme. Momenti belli, unici, irripetibili. insieme nella difficoltà".

"Insieme nel dolore e nell'isolamento di quel mondiale '82 in cui ci sembrava di essere soli contro il mondo e poi improvvisamente padroni del mondo intero. Giovani invincibili, ci sentivamo persino belli e irresistibili, proprio come ci vedevano allora gli italiani che ci hanno sempre riempito d'amore fino ad oggi con tutta l'Italia che piange per te -prosegue-. Il 5 luglio '82, contro il Brasile, sei riuscito a trasformare in gol liberatorio un mio tiro sbilenco che poi ho provato a farti credere che fosse un mio grande passaggio. Ma con te tutto diventava grande", prosegue il campione del mondo.

"E poi l'11 luglio la nostra risurrezione, il tuo gol, gli abbracci con cui ti abbiamo soffocato, quel sorriso luminoso che non dimenticherò mai, la gioia, la forza, la fratellanza, quel giro di campo con la Coppa ubriachi di felicità. Ma anche molto più di questo, le nostre notti in bianco a scherzare nei corridoi, ragazzini che giocano a salvare il mondo".

"Scherzi telefonici, battute goliardiche assieme a Gaetano e Antonio, e poi quel velo di tristezza che spesso attraversava i tuoi occhi mobili e intelligenti, quel senso enorme di responsabilità verso un Paese che guardava noi come ha un presagio di futuro", scrive Tardelli.

"Pertini, Bearzot, il nostro maestro di vita e di calcio e gli italiani tutti. Scamiciati, sudati sugli spalti a piangere e gioire con noi. Finalmente un Paese unito dalla nostra vittoria. Un miracolo, ma il miracolo fatto da un gruppo di ragazzi che ancora oggi, quasi 40 anni dopo, si sentono famiglia. Se da lassù il disorientamento che viaggia sui messaggi della nostra chat...", prosegue la lettera dedicata a Rossi.

"Forse sorridi ripensando a quelle esibizione maldestra ed emozionata con Francesco De Gregori solo un anno fa prima che si spegnesse la luce. E allora Paolo dai un bacio a Gaetano e abbraccia il Vecio anche da parte mia. Cominciate a giocare voi, prima o poi ci rivediamo...", conclude Tardelli.

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