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Lavoro: Cisl, in 6 anni persi 900mila posti, a rischio 140mila in 2014

21 luglio 2014 | 09.38
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E' quanto emerge dal XI rapporto Industria del sindacato.

Lavoro: Cisl, in 6 anni persi 900mila posti, a rischio 140mila in 2014

I sei anni di crisi, 2008-2013, sono costati al Paese circa 900 mila posti di lavoro di cui 490mila, il 58,9%, nel Sud, solo lo scorso anno. E nel 2014 non andrà meglio: sono a rischio quasi 140 mila posti, 13.486 in più rispetto alle previsioni del 2013 mentre i livelli produttivi sono quasi fermi. E' quanto emerge dal XI rapporto Industria della Cisl. In costante aumento, di conseguenza, anche l'utilizzo di ammortizzatori sociali cresciuti, fra il 2010 e il 2013, del 66,5% e pari a 2milioni 186mila358 interventi di sostegno nel solo 2013.

A registrare l'impennata maggiore i lavoratori in mobilità con il +81,8%, un mini esercito di 217.597 persone solo nello scorso anno. Aspi e miniAspi, entrati in funzione nel 2013, hanno assorbito quasi interamente i vecchi trattamenti di disoccupazione e sono stati di gran lunga gli interventi dominanti:1.330.828 quelli per Aspi e 479.199 per mini Aspi. Livelli record anche per la ig che nel 2013 ha superato il miliardo di ore autorizzate, coinvolgendo almeno 300.000 persone in base al 'tiraggio' effettivo.

E a dare il polso della situazione in cui versano le imprese soprattutto il fatto che ormai, spiega ancora la Cisl, la cig straordinaria e la cassa in deroga, indicative di crisi lunghe e ristrutturazioni aziendali, coprono circa il 70% delle ore erogate. In un panorama di costante riduzione del lavoro, inoltre, stima ancora la Cisl, a crescere solo quello a tempo parziale, +10% nel 2012 e +2,8% nel 2013, "ampiamente utilizzate per evitare i licenziamenti". Il lavoro indipendente, poi, è diminuito più di quello dipendente; il -2,5% contro il -2%, "segno di falcidia e di difficoltà per i piccoli imprenditori", avverte la Cisl. A farne le spese sopratutto l'industria manifatturiera del Mezzogiorno con -7,5% e il settore delle costruzioni con -5,6%.

Dunque, la crisi morde ancora l'economia e l'uscita dal tunnel è lontana. Il Pil è in calo dell'1,9% nel 2013, mentre delude la produzione industriale 2014, sommandosi al -25% dei 6 anni di crisi, al -15% di capacità produttiva e al rosso dei consumi che registrano -8%. Un Paese, l'Italia, dice la Cisl, che oscilla ancora vistosamente tra una 'ripresina' e una recessione e che vede ampliarsi il gap territoriale, dove il Sud perde il 4% di Pil nel 2013 contro lo 0,6% del Nord. Giù anche i consumi interni 2014, -2,2%, che certificano l'ansia e l'incertezza delle famiglie, e gli investimenti del 4,7%, sempre meno dell'anno precedente ma ancora a livelli pesanti. Un paese peraltro produttivamente spaccato a metà, con sette settori in ripresa e cinque in recessione.

Se infatti recuperano terreno la metallurgia, i mezzi di trasporto, gli articoli in gomma e plastica, i prodotti chimici, quelli farmaceutici, i prodotti tessili, e gli alimentari ne perdono consistentemente invece il settore energetico, la produzione di apparecchi elettrici, quelli petroliferi, il settore macchinari e tutto il comparto computer, prodotti elettronica. E se le imprese hanno affrontato il lungo tunnel della crisi "a denti stretti", è pesante il dato sull'occupazione e sul ricorso alla cassa integrazione che in questi sei anni, ricorda ancora la Cisl, "ha toccato livelli storici". Una situazione drammatica che potrebbe prospettare quest'anno, per 136mila lavoratori, il rischio di perdere il posto.

Unica 'exit strategy' per l'Italia, l'export, che risulta una carta "vincente" per il Paese, anche se tra il 2011 ed il 2013 sono state appena 1/5 (il 18%), le aziende che hanno aumentato il proprio fatturato sia in Italia che all'estero mentre quelle "perdenti", le imprese in ripiegamento, sono raddoppiate; il 35% hanno registrato un fatturato in calo sia in Italia che all'estero.

Per tutto questo, prosegue la Cisl,non basta la partita sulla flessibilità che il governo ha intrapreso in Europa, come "non basta tagliare" perché l'obiettivo deve essere quello di crescere. "è giusto tagliare i costi, gli sprechi e le rendite ma non sono sufficienti". Servono, dice in sostanza, "l'aumento degli investimenti fissi lordi delle imprese, delle famiglie e delle amministrazioni pubbliche".

Ed è per crescere che la Cisl ha messo a punto 5 proposte che saranno al centro di un confronto che il sindacato intende varare in autunno, dall'Unione europea, che deve porsi l'obiettivo di una crescita sostenibile, alla politica industriale, con la stesura di una Agenda per l'Italia 2020, dalle politiche per il lavoro a quelle sull'energia.

"Basta con le chiacchiere e le ricette fumose. Senza l'impegno di tutti, non si va da nessuna parte. Purtroppo, siamo ancora ben lontani dall'uscita della crisi economica e sociale". E' il leader della Cisl, Raffaele Bonanni, a commentare così l'XI rapporto industria del sindacato di via Po. Serve dunque, prosegue, "l' impegno straordinario di tutti" perché "la via di uscita per un'Italia bloccata e in ripiegamento, con divari sociali crescenti, non può essere affidata ai soli margini di flessibilità che l'Unione europea può concederci, necessari ma non risolutivi dei nostri nodi strutturali".

E al governo Renzi Bonanni propone "una via di crescita" alternativa, da "affrontare con il confronto e la collaborazione di tutti i soggetti responsabili che devono assumere impegni reciproci di carattere politico, imprenditoriale e sindacale". Un'agenda, in sostanza, con cui "pensare all'oggi e al medio periodo" grazie alla quale "rivitalizzare la domanda interna, i consumi e soprattutto gli investimenti, drammaticamente crollati negli ultimi anni".

Un Progetto "Italia 2020", come lo definisce, "orientato allo sviluppo e alla domanda d'innovazione dei territori, alla qualità della vita e dell'ambiente, alla progettualità, alle reti d'investimento private e pubbliche, all'energia e alle infrastrutture". In una parola, serve sostenere progetti d'investimento territoriali validi e remunerativi, con "nuovi canali finanziari, a partire da una potenziata Cassa Depositi e Prestiti, che mobilitino il risparmio nazionale e attraggano investitori dall'estero".

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