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Confcommercio: in 6 anni 56 mld aggravio imposte da manovre, -70 mld per famiglie

24 marzo 2014 | 09.59
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Confcommercio: in 6 anni 56 mld aggravio imposte da manovre, -70 mld per famiglie

Cernobbio (Co), 24 mar. (Labitalia) - Tra il 2008 e il 2013, in pieno clima recessivo, le manovre correttive di finanza pubblica hanno determinato un aggravio di imposta per il sistema economico italiano di oltre 56 miliardi. E' quanto emerge da una ricerca condotta da Confcommercio dal titolo 'La morsa della pressione fiscale durante la crisi', presentata in occasione del Forum che si è svolto nei giorni scorsi a Cernobbio. In pratica, si evidenzia nel documento, più l'economia italiana entrava in crisi, più si è fatto ricorso alla leva fiscale.

Non solo. Tra il 2008 e il 2013, le risorse a disposizione delle famiglie italiane si sono ridotte di 70 miliardi di euro. In sostanza, l'aggravio fiscale che si è verificato si è tradotto in un aumento delle imposte sulle famiglie dell'1,6% medio annuo, più del triplo, sottolinea la ricerca, di quanto sarebbe stato necessario per non peggiorare ulteriormente gli andamenti negativi del ciclo economico (cioè lo 0,4% annuo). In termini cumulati questo significa che, tra il 2008 e il 2013, il livello di imposizione sulle famiglie è aumentato del 10%. Di conseguenza, le famiglie italiane hanno subito, in media, un prelievo aggiuntivo annuo di 10 mld cui si devono aggiungere 11 mld di perdita di potere di acquisto a causa dell'incremento dell'inflazione determinato dall'aumento delle imposte indirette. In sostanza, dunque, spiega Confcommercio, tra il 2008 e il 2013 le risorse a disposizione delle famiglie si sono ridotte di 70 miliardi di euro.

A livello locale, il fisco ha fatto la 'parte del leone' usando la leva delle addizionali ai massimi livelli e tassando maggiormente i territori meno sviluppati. Tra il 2008 e il 2012, il prelievo locale è aumentato del 5,6%, più di quanto avvenuto a livello centrale (+3,3%); rispetto al 1990 il peso del fisco locale in percentuale del Pil si è più che triplicato, passando dal 2,1% al 7%. Una tendenza che potrebbe essere destinata ad acuirsi in quanto molti comuni dovranno aumentare ulteriormente le tasse per trovare circa 2,2 mld necessari per far tornare i conti nel passaggio dall'Imu alla Tasi.

E da Cernobbio il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, ha lanciato un appello: è necessario rivedere profondamente il federalismo fiscale, in considerazione soprattutto del fatto che il prelievo relativo ai tributi locali è cresciuto nel 2012 del 7,8% sul 2011 e del 650% sul 1990. "Nell'affollata arena fiscale i tributi locali - ha spiegato - hanno fatto la parte del leone. Il prelievo è cresciuto nel 2012 del 7,8% rispetto al 2011, del 650% rispetto al 1990. Non solo questo ha contribuito ad aggravare la crisi economica, ma ha creato anche un pericoloso clima di incertezza come dimostra, per esempio, il travagliato passaggio Imu-Tasi. L'assenza di un efficace coordinamento tra diversi livelli di governo comporta un incremento fuori controllo del carico fiscale complessivamente sopportato da famiglie e imprese. Questo federalismo incompiuto e disordinato necessita di una profonda revisione. Chiediamo al governo di procedere con decisione in questa direzione per restituire fiducia e risorse alle famiglie e alle imprese".

In chiusura del Forum di Cernobbio, è intervenuto il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, che ha detto che "è necessario combinare misure di intervento immediato con misure strutturali" e tutto ciò richiede "un orizzonte temporale di medio periodo, diversamente non ha senso". Anche "il finanziamento deve essere fuori discussione e disponibile", ha precisato Padoan, sottolineanco che "la stabilità di bilancio è condizione indispensabile per permettere lo sviluppo futuro del paese: non c'è scelta per i paesi ad alto debito come l'Italia". Il ministro ha affermato che il tasso di disoccupazione "rimane molto elevato e, come è noto, il fenomeno colpisce soprattutto i giovani e i residenti nelle regioni centro meridionali: in tale contesto non si può ignorare il rischio crescete del disagio sociale". "E' evidente che il protrarsi ulteriore di una simile fase di andamento dell'economia e della società - ha avvertito - non è più tollerabile. Non abbiamo alternative: dobbiamo riguadagnare competitività, riprendere a crescere a un ritmo sostenuto e sostenibile". E, ha aggiunto, bisogna "creare buona occupazione, senza mettere a repentaglio la stabilità della finanza pubblica".

Protagonisti, al Forum di Cernobbio, anche i sindacati. Al premier, Matteo Renzi, si è rivolto il leader della Cisl, Raffaele Bonanni: "E' un riformista e fa bene. Vorrei un premier che mi sfidasse sulle questioni concrete. Mi sfidasse sulle riforme, perché quello vado cercando, e da tempo". Secondo Bonanni, bisogna "aprire una discussione forte sui soldi da trovare", tenendo presente che "è inutile litigare con i tedeschi". Tornando a Renzi, "o ci alleiamo o la rendita fa fallire tutto e il Paese si avvolgerà in un gorgo senza fine", ha proseguito Bonanni, puntando il dito sulle "resistenze della rendita, anche quella politica", al cambiamento. Quindi, Bonanni si è rivolto al presidente di Confidustria, Giorgio Squinzi, che ha ventilato la possibilità di trasferire la sede della Mapei in Svizzera, ad abbandonare il "populismo", per riprendere invece una "alleanza" tra lavoratori e imprese. "Dobbiamo stare qui - ha affermato Bonanni - e dissodare il terreno italiano, per quanto duro. Dobbiamo credere di avere la forza per farcela da soli. Basta con le lamentele e con lo scaricare i problemi addosso alla Germania e all'Europa. Basta con il populismo, bisogna riprendersi l'alleanza tra lavoratori e imprese".

A Squinzi si è rivolta, nel suo intervento, anche la leader della Cgil, Susanna Camusso: "Chi si considera classe dirigente di un Paese deve innanziatutto sostenere il Paese. Una cosa è esprimere critiche, un'altra minacciare di andarsene". Quanto al governo, Camusso ha detto: "Il governo ha esordito bene sul piano dei redditi, ha esordito invece malissimo sul piano delle regole del lavoro". Secondo la leader sindacale, il governo si sarebbe dovuto concentrare soprattutto a "contrastare la lunga stagione di precarietà di ingresso al lavoro che diventa vincolo". "Il problema vero è che il lavoro in Italia è poco", ha sottolineato Camusso, osservando che "lo sciovolamento verso la povertà non è solo un aspetto di diseguaglianza generale, ma è il frutto di una presenza di lavoro povero e dell'assenza di lavoro". In definitiva, per il segretario della Cgil, "la vera politica del lavoro per cambiare orizzonte è che tutte le risorse disponibili vengano messe a creare lavoro".

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