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Consumati 580 miliardi di mc/anno di acqua per produrre energia

19 marzo 2014 | 11.24
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Consumati 580 miliardi di mc/anno di acqua per produrre energia

Il 15% dei consumi di acqua è attribuibile alla produzione di energia e questa percentuale è destinata ad aumentare nei prossimi vent'anni. Il rapporto dell'Agenzia internazionale dell'energia (AIE) "World Energy Outlook" dipinge un quadro preoccupante destinato ad aggravarsi, secondo lo studio infatti oggi ogni anno si consumano 580 miliardi di metri cubi d'acqua per la produzione di energia, collocando i consumi del settore subito dopo quelli dell'agricoltura. I consumi derivano soprattutto dall'estrazione dei combustibili non convenzionali (il fracking per lo shale gas tra questi), il trasporto e la trasformazione, come l'irrigazione per le colture destinate alla produzione di biocarburanti.

La relazione sottolinea come l'efficienza energetica e le fonti rinnovabili, in primis l'energia solare ed eolica, possano "contribuire a un futuro energetico a basse emissioni, senza l'intensificazione della richiesta di acqua in modo significativo", mentre le altre tecnologie a basse emissioni come il nucleare hanno un consumo di acqua più massiccio.

Le energie "rinnovabili non termiche, come l'eolico e il solare fotovoltaico (PV), continua il rapporto, possono utilizzare piccole quantità di acqua, impiegata per la pulizia o il lavaggio dei pannelli. Oltre a ridurre l'uso dell'acqua presso il sito di produzione di energia elettrica, queste tecnologie rinnovabili hanno poco o nessun uso di acqua associato con la produzione di energia e un impatto minimo sulla qualità delle acque rispetto alle energie alternative che scaricano grandi quantità di acqua di raffreddamento riscaldata o contaminanti nell'ambiente.

Gli impianti di estrazione convenzionali del gas naturale e del petrolio sono meno 'idrovori' rispetto alla produzione di carbone e di gas di scisto. Quest'ultimo richiede non solo il consumo di acqua supplementare per la fratturazione idraulica, ma presenta anche forti "rischi di contaminazione delle acque provocata dalla fuoriuscita di fluidi di fratturazione, idrocarburi o acqua salina nelle falde sotterranee e il trattamento e lo smaltimento delle acque reflue". Tra gli altri Paesi presi in esame, il rapporto rimarca come in "India e negli Stati Uniti sia diminuita l'acqua impiegata per la produzione di combustibili tradizionali a discapito di consumi più massicci per l'estrazione di combustibili non convenzionali".

Il rapporto si sofferma anche sulla situazione cinese e sul Canada. In Cina il trend dei consumi sarà crescente con uno sfruttamento sempre maggiore delle risorse idriche sotterranee, stante il livello di inquinamento di quelle superficiali. Lo studio rimarca come il governo cinese si stia impegnando in una politica di riduzione dei consumi che dovrebbe andare a regime entro il 2050. In Canada, dove l'acqua non manca, la minaccia viene dall'estrazione del petrolio e del gas dalle sabbie bituminose con tecniche che impiegano forti quantità d'acqua.

Il rapporto si conclude avvertendo che in futuro la necessaria riduzione dei prelievi idrici renderà il settore energetico sempre più vulnerabile, e richiederà quindi lo sviluppo di "una migliore tecnologia" e una migliore integrazione delle politiche energetiche e idriche.

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