Stendhal e Wiechert per la collana di riscoperte 'necessarie' curata da Cody Franchetti
Per celebrare i dieci anni della 'scommessa vinta' con una nuova -e diversa- casa editrice, La Nave di Teseo si arricchisce di una nuova collana, 'L'airone', curata da una figura multiforme come Cody Franchetti, studioso, musicista e già autore di un volume di poesie presso lo stesso editore (L’archeolatra e i tifosi del futuro). Commentando la nascita dell'Airone - che vanta un logo disegnato da Milo Manara - Elisabetta Sgarbi ha parlato di "una collana che ci arricchisce e ci cambia con la pretesa di accompagnarci nel futuro, una collana totalmente nuova rispetto a quanto abbiamo fatto finora", con la quale in una sorta di 'fuga da fermi' "cambiamo restando noi stessi". Ricordando quanto auspicato a suo tempo da Umberto Eco (la Nave è stata l'ultima delle sue innumerevoli iniziative culturali) la Sgarbi ha spiegato come "in un momento storico come questo, in cui si tende a sottrarci il futuro, una iniziativa come questa richiede una grandissima responsabilità". L'Airone "ospita libri distanti tra loro ma uniti da analogie sotterranee, un catalogo di testi che è necessario ritornino nelle librerie e tenuto insieme dalla mente di un curatore con una personalità unica".
Con essa - ha aggiunto - "realizziamo qualcosa che, nell'annunciare La nave di Teseo dieci anni fa esatti, avevamo preconizzato e mai del tutto compiuto: ‘Rivolgerci al passato per ridare futuro al passato’. Sarà una collana contraria ai venti che soffiano, ma troverà nelle librerie un porto sicuro, perché ‘l’Airone rimane’, non fugge via."
I primi due titoli della collana sono un sorprendente saggio breve di Stendhal, “Dei pericoli della lingua italiana”, scritto intorno al 1818, in cui ragiona con acume e ironia sulla questione della lingua del nostro paese, criticando l’eccessivo purismo e proponendo una lingua viva, parlata e funzionale, e la 'Novella pastorale' di Ernst Wiechert, un racconto - riproposto nella cura di Massimo Mila - che narra la storia di un giovane dell'Est Europa, in un racconto di formazione e sacrificio, narrato come una parabola e scandito dal concetto – di lontana derivazione calvinistica – di vocazione: il mestiere, qualunque esso sia, sentito come vocazione, cioè come attuazione individuale del volere di Dio o, in altri termini, come manifestazione dello spirito.