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ecommerce ed etichette smart avvicinano i mercati agricoli al consumatore

14 maggio 2021 | 10.30
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I farmer's market si trasformano da luoghi di vendita diretta a esposizioni di prodotti che poi vengono ordinati online attraverso nuove app e sistemi di pagamento.

ecommerce ed etichette smart avvicinano i mercati agricoli al consumatore

Vincere la sfida di Amazon Fresh e delle grandi catene con un’app. Negli Usa, molti coltivatori e allevatori stanno allargando il proprio mercato di prodotti freschi e sostenibili ben oltre i farmer’s market settimanali e le fiere di paese. Il piccolo agricoltore aveva già a disposizione molti strumenti, simili ai nostri GAS (gruppo di acquisto solidale), che però non sempre riuscivano a fare incontrare domanda e offerta. La spinta decisiva è arrivata dalla pandemia, con la necessità di non perdere il contatto diretto con il cliente e trovare un modo efficiente per gestire gli ordini e le consegne di prodotti agroalimentari bio e sostenibili. Il panico, i ristoranti chiusi e i “saccheggi” nei supermercati hanno fatto il resto, con le vendite alimentari online salite dal 3,4% del 2019 al 10% del 2020. Non solo: i lockdown hanno spinto le persone a cucinare in casa, a ricercare prodotti più genuini, avendo tempo per prepararli e voglia di sperimentare nuove ricette.

Il boom delle piattaforme per comprare online i prodotti locali è stato istantaneo, con vantaggi anche per i coltivatori, che eliminano una lunga catena di intermediari e riescono a trattenere il 50% netto del guadagno (contro il 14% dello standard nazionale nella distribuzione organizzata). OurHarvest, Harvie, Farm to People, Good Eggs, Barn2Door, sono alcune delle piattaforme più diffuse a seconda delle aree. Janelle Maiocco, CEO di Barn2Door, ha raccontato in un’intervista al Wall Street Journal che nel 2020 almeno la metà degli agricoltori iscritti ha fatto sold out della merce. Tutti riferiscono di una domanda almeno quadruplicata, e di un raddoppio dei nuovi utenti. Da parte loro, i piccoli agricoltori stanno reinventando il rapporto con il farmer market: non più un luogo di vendita diretta (se non in minima parte), quanto un espositore fisico per il prodotto che poi viene ordinato online e recapitato a casa. In Cina, Pinduoduo è diventato il più grande mercato online del paese con 788 milioni di clienti. È un'azienda quotata al Nasdaq e la sua funzione è quella di facilitare la vendita diretta tra i piccoli agricoltori e i consumatori consigliando anche in base alle preferenze di acquisto.

Anche in Italia ci si muove in questo senso. Dal nuovo report di UPS Smart E-commerce 2021, emerge come l’Italia sia uno dei paesi più interessati alla sostenibilità (l'82%), elemento in grado di orientare la scelta del retailer presso cui effettuare acquisti, sia online che nei negozi fisici. Tra le 8 startup innovative selezionate dal fondo di accelerazione I-Tech Innovation 2021 c’è Biofarm, comunità agricola virtuale che permette all’utente di creare il proprio “campo” mettendo insieme alberi e piante da frutto e ricevere poi a domicilio i prodotti freschi. Smart Food è un'azienda specializzata, oltre che nella vendita on-line di prodotti biologici a privati, nella fornitura di cassette di frutta e verdura fresca biologica e di prodotti confezionati biologici ai gruppi di acquisto solidale. E, poi, ancora, Cibecco, Genuino Zero, e Foodbarrio, un social marketplace e un quartiere virtuale in cui piccoli produttori e consumatori si incontrano per acquistare in modo sostenibile e senza intermediari.

Segno che i consumatori, anche di fronte all’emergenza, non rinunciano alla qualità e a conoscere la provenienza del cibo che portano in tavola. Biologico, sì, ma anche a basso impatto ambientale. Comprare locale è una prima strada, ma per ridurre la nostra carbon footprint quando facciamo la spesa la strada è quella delle nuove etichette capaci di comunicarci l’impatto sul clima dei nostri acquisti alimentari, anche perché la filiera della produzione e della distribuzione di cibo è responsabile di circa un quarto delle emissioni di gas serra nel mondo: il pesce allevato produce 5kg di CO2 per chilo, contro i 3 del pescato. L’agnello 24kg, il manzo 60. E ci sono differenze anche tra frutta e verdura, pesa più il pomodoro della mela, più il grano dei piselli. Il progetto si chiama Climate labeling e sta scaldando il dibattito tra gli operatori del settore. Non fosse altro che perché, per essere efficace, l'etichetta climatica dei prodotti dovrebbe essere resa obbligatoria ed è difficile che un’azienda molto impattante si autodenunci in etichetta.

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