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Giustizia, 'Avvenire': "La giurisprudenza creativa è un problema serio e grave"

12 aprile 2014 | 13.41
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Giustizia, 'Avvenire':

"Lo scrivo ancora una volta quasi con fatica, rinnovando rispetto e gratitudine per i tantissimi magistrati italiani che ogni giorno servono la legge e il popolo italiano compiendo il loro dovere con scrupolo e saggezza, ma il problema della 'giurisprudenza creativa', cioè della manipolazione, della disapplicazione mirata e addirittura della novazione delle leggi compiute in talune sedi di giudizio è un problema davvero serio e, purtroppo, sempre più grave". Lo scrive il direttore di 'Avvenire' Marco Tarquinio, rispondendo ad una serie di lettere di lettori che protestano per le recenti sentenze della Consulta sulla legge sulla fecondazione assistita e del Tribunale di Grosseto per il riconoscimento di un'unione civile tra persone dello stesso sesso.

"Si tratta di un segnale di crisi e di allarme -afferma ancora il direttore del quotidiano della Cei- che non può più essere sottovalutato da nessuno. Qui, proprio qui, nella nostra Italia, per reiterate e squassanti iniziative su temi delicatissimi come quelli della vita nascente o morente e della vita in comune delle persone, si sta mettendo in questione non più soltanto l'efficienza di un sistema giudiziario, ma il senso stesso di una funzione essenziale per la vita civile e per la composizione pacifica dei conflitti in qualunque società e tanto più in un società democratica fondata sulla chiara attribuzione e distinzione dei poteri cardine. Continuare a far finta che il caso non esista è molto pericoloso. E chi pensasse di ridurlo a una questione di insofferenza 'cattolica' per alcune pronunce giudiziarie sgradite, sbaglierebbe due volte".

"La prima perché i cattolici, che mai rinunciano ai doveri di coscienza (che li portano ad abitare anche le piazze, se e quando serve, ma non a farsi sviare da vecchie e nuove forme di 'Aventino', lontano dai luoghi della rappresentanza e da dovere di 'immischiarsi' per una politica orientata al bene comune), rispettano le leggi della comunità civile di cui sono parte, le sue istituzioni e accettano le regole del gioco democratico. La seconda perché i metodi sbagliati, se si affermano, riguardano proprio tutti e prima o poi toccano tutti. La soggezione di ogni giudice alla legge stabilita dalle assemblee elettive -conclude Tarquinio- è un laicissimo presidio di democrazia e di libertà. Serve davvero ricordarlo?"

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