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Bellezza: il ritocco è donna ma il chirurgo no, 'rosa' solo 13% camici

16 maggio 2015 | 16.28
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L'Associazione di categoria riflette su uno dei paradossi della bellezza. E le esperte rivendicano le loro peculiarità: "Comprensione, sensibilità, coraggio e precisione, per risultati rispettosi e naturali". Sanità sempre più rosa ma poche ai vertici

Bellezza: il ritocco è donna ma il chirurgo no, 'rosa' solo 13% camici

Il ritocco è femmina, ma il chirurgo è maschio. Se nell'85% dei casi chi si rivolge al 'bisturi' per migliorare il proprio aspetto fisico è ancora oggi una donna, la proporzione si ribalta quando dal mondo dei pazienti si passa a quello dei medici: solo il 13,5% dei chirurghi plastici, poco più di uno su 10, appartiene al gentil sesso. "Eppure sappiamo capire e interpretare meglio le esigenze delle donne che chiedono un intervento, a vantaggio di scelte rispettose e naturali", rivendicano le esperte. E' la stessa Associazione italiana di chirurgia plastica estetica che segnala il paradosso. Un fenomeno sul quale riflettere, tanto che all'ultimo congresso della società scientifica all''orgoglio rosa' è stata dedicata un'intera sessione.

"Abbiamo voluto aprire un dibattito tra le donne chirurgo per cercare di capire come mai, ancora oggi, sia una professione dove gli uomini prevalgono", spiega il presidente dell'Aicpe, Mario Pelle Ceravolo. Il quadro emerso è quello di un lavoro in cui le donne sono l'eccezione. "In Italia la gran parte dei chirurghi plastici donna è figlia, moglie o fidanzata di chirurghi plastici o di dottori: è difficile che, senza un background familiare, ci si specializzi in questo settore", ammettono le chirurghe.

"E' una professione che richiede rinunce e sacrifici anche nella vita privata - osserva Francesca Grippaudo, docente all'università Sapienza di Roma - Gli studi sono lunghi ed è un lavoro in cui non ci sono orari: forse anche per questo poche donne scelgono questa strada. E' un peccato - avverte - perché le donne sono comunicatrici migliori e sanno cogliere anche i segnali non verbali, riuscendo a soddisfare meglio le esigenze dei pazienti". Ma tant'è: "Il percorso per diventare chirurgo plastico è lungo e si guadagna più tardi rispetto ad altre professioni, che spesso hanno il pregio di essere meno problematiche".

'Pazienti imprigionate da modelli definiti proprio dai colleghi uomini'

Fra le 'mosche bianche' c'è Stefania Bucher, prima donna primario in chirurgia plastica in Italia, all'ospedale San Gallicano di Roma. "Sono primario da 15 anni - racconta la specialista - eppure ancora oggi in sala operatoria i pazienti chiamano me 'signora' e i miei specializzandi 'dottori'. Io rispondo 'bene, allora vi faccio operare da lui', e loro cambiano subito idea". Fra le altre virtù al femminile Bucher cita "la capacità innovativa e il coraggio: da circa 8 anni ho iniziato da sola, in ospedale, nuove strade tra cui la ricostruzione con il tessuto adiposo e le cellule staminali".

Ma una maggior presenza di donne col bisturi, riflettono le esperte, potrebbe anche evitare risultati troppo artificiali. "La presenza femminile in chirurgia estetica rende spesso le scelte più corrette e più etiche", dice Raffaella Garofalo, primario dell'Unità operativa di cirurgia plastica e microchirurgia all'Aurelia Hospital di Roma, responsabile dell'Istituto di chirurgia plastica a Roma e dell'Hesperia Hospital di Modena.

"Negli ultimi anni - aggiunge la specialista - la bellezza per le donne è spesso diventata una prigione, i cui canoni sono stati dettati da modelli definiti proprio dagli uomini-chirurghi. Noi donne abbiamo un rapporto diverso con le pazienti: le valutazioni si fanno con maggiore distacco, ma nello stesso con capacità di auto-identificarsi, rendendo le scelte chirurgiche più equilibrate. Le donne chirurgo plastico, inoltre, hanno un tratto più delicato e un'attenzione al particolare tipica dell'indole femminile".

'I pazienti maschi ci preferiscono, a volte il rapporto diventa materno'

Fra donne, a volte, ci si intende di più anche perché si vivono le stesse esperienze: "Siamo donne proprio come la stragrande maggioranza delle nostre pazienti - prosegue Paola Emiliozzi che lavora a Civitanova Marche e Rimini - Questo significa che conosciamo bene le problematiche che andiamo a trattare e abbiamo una cura speciale, tutta femminile, nel farlo. Per esempio nell'approccio alla chirurgia al seno abbiamo un rispetto particolare verso la ghiandola mammaria e il suo ruolo, nell'evitare l'innesto della protesi in punti che potrebbero compromettere un futuro allattamento".

Ma i pazienti preferiscono un chirurgo uomo o donna? "Dipende - risponde Adriana Pozzi, responsabile di Chirurgia plastica all'ospedale privato accreditato Villa Maria di Rimini - Alcune pazienti, deluse dal risultato del chirurgo uomo, vanno da una donna perché sanno che presterà più attenzione ai dettagli. Altre invece scelgono un uomo perché dà loro più fiducia".

Le cose cambiano anche a seconda di chi c'è dall'altra parte del bisturi: "Il rapporto con i pazienti uomini di solito è più semplice - analizza Pozzi - Fanno una richiesta e si fidano, mentre con la donna è più complesso". I maschi sono molto predisposti a consultare un chirurgo donna, conferma Garofalo: "Si rivolgono a noi per un consiglio e spesso si instaura un rapporto quasi materno".

'Più difficile fare carriera e in molte si rifugiano nella medicina estetica'

E se è vero che le donne medico sono tante - anzi sempre più numerose rispetto agli uomini, fra le nuove leve - quando il campo d'azione è la bellezza scelgono di dedicarsi solo alla medicina estetica, tralasciando l'aspetto chirurgico della professione che è più complesso, rischioso e impegnativo, considerano ancora dall'Aicpe.

"Molte colleghe di specialità si sono dedicate alla medicina estetica e non alla chirurgia - testimonia Pozzi - Forse uno dei motivi è che non sono riuscite a conciliare lavoro e carriera".

In alcuni casi, tuttavia, scalare l'organigramma non dev'essere un obbligo. "Credo che, come per le donne così per gli uomini - conclude Barbara Topan, chirurgo plastico a Treviso - decidere di fare bene il proprio lavoro di chirurgo, senza necessariamente diventare famosi o ricoprire cariche sanitarie di rilievo, non sia una costrizione bensì una libera scelta. Questa scelta è di chi ama la propria professione, ma vuol godere anche di ciò che c'è al di fuori del mondo lavorativo. Altri invece fanno del proprio lavoro lo scopo di vita. E va bene anche questo. E', appunto, una scelta."

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