“Assassination culture”, la profezia di Capezzone prima dell'omicidio Kirk

Nel suo nuovo libro Capezzone cita i sondaggi horror per cui metà dei democratici considera “giustificabile” l’assassinio di leader come Trump o Musk

“Assassination culture”, la profezia di Capezzone prima dell'omicidio Kirk
11 settembre 2025 | 13.44
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L’omicidio di Charlie Kirk, leader del movimento giovanile conservatore americano e figura di riferimento per la destra trumpiana, riporta al centro del dibattito il tema della violenza politica. Un tema che in Italia è stato sollevato più volte da Daniele Capezzone, direttore editoriale di “Libero”, che nel suo ultimo libro interventi aveva denunciato la “tolleranza” verso un linguaggio e atteggiamenti violenti da parte di settori della sinistra, soprattutto quando in gioco ci sono personalità divisive della destra americana come Donald Trump, Elon Musk o lo stesso Kirk.

In “Trumpisti o muskisti, comunque fascisti”, uscito per Piemme il 4 settembre, Capezzone aveva richiamato l’attenzione su un report del Network Contagion Research Institute (Ncri), citato anche dal politologo Luigi Curini, che metteva in luce dati impressionanti: 38 americani su 100 giudicavano “giustificabile” l’assassinio di Trump, e 31 l’eliminazione di Musk. Tra gli elettori progressisti le percentuali salivano fino al 55% e al 48%. Lo stesso Kirk aveva rilanciato quel sondaggio sui social, denunciando la diffusione di una vera e propria “assassination culture” e avvertendo che la sinistra americana stava normalizzando la violenza politica.

Persino il New York Times oggi pubblica un articolo firmato dall’editorial board (il gruppo di giornalisti d’opinione che scrive a nome del giornale) dal titolo eloquente: “Il terribile omicidio di Charlie Kirk e il peggioramento della violenza politica in America”. Il quotidiano newyorchese cita un altro sondaggio, pubblicato dalla Foundation for Individual Rights and Expression, secondo cui il 34% degli studenti universitari americani ritiene accettabile usare la violenza per impedire un discorso pubblico con cui non è d’accordo. Una percentuale in crescita costante negli ultimi anni, dal 24% del 2021.

L’editoriale sottolinea che la violenza politica ormai attraversa lo spettro ideologico: da Trump bersaglio di un attentato elettorale, alla deputata democratica Nancy Pelosi che ha visto il marito Paul colpito in casa da un aggressore nel 2022, fino ai casi più recenti che hanno coinvolto parlamentari locali in Minnesota. Una spirale che rischia di travolgere le regole minime della convivenza civile.

Capezzone, da tempo, aveva avvertito che il “tabù” dell’eliminazione fisica del nemico politico era stato infranto, e che la violenza verbale e simbolica rischiava di trasformarsi in violenza materiale. La parabola di Kirk – dalla denuncia sui social all’essere lui stesso vittima di un attentato – sembra dare ragione a quell’allarme. Il giornalista, in una sua diretta su "X", aggiunge poi il caso di Luigi Mangione, il giovane che ha ammazzato il manager di UnitedHealthcare Brian Thompson, mitizzato da gruppi social e addirittura da proposte di iniziativa popolare in California che usano il nome del killer per intitolare leggi sulle assicurazioni sanitarie.

La questione, come scrive il New York Times, non riguarda solo un leader conservatore o un singolo movimento: “Troppe volte gli americani dimenticano che le sconfitte politiche vanno accettate senza trasformarsi in violenza. Quando una società perde la capacità di discutere pacificamente e ricorre alla violenza per risolvere i propri conflitti, di solito finisce molto male”.

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