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Iran: Sakineh in carcere 8 anni, per lei mobilitazione internazionale/scheda (3)

19 marzo 2014 | 20.06
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(Aki) - Il 19 settembre 2010, in modo inatteso, fu l'allora presidente Mahmoud Ahmadinejad a gettare acqua sul fuoco, assicurando in un'intervista alla 'Abc' che la notizia della condanna alla lapidazione era falsa e che Sakineh aveva "comunque diritto a quattro gradi di giudizio". Un elemento caratterizzante della vicenda e' stato proprio il fitto susseguirsi di conferme e smentite, come dimostra quanto avvenuto il 28 settembre 2010, quando il procuratore iraniano Gholam-Hossein Mohseni-Ejei affermo' che la donna non sarebbe stata giustiziata per lapidazione ma per impiccaggione in quanto colpevole di omicidio.

Solo poche ore dopo le frasi del procuratore furono smentite dal ministero degli Esteri di Teheran, secondo il quale non c'era una sentenza definitiva sul caso. La vicenda porto' l'11 ottobre all'arresto del figlio della donna, del suo ex avvocato e di due giornalisti tedeschi che li stavano intervistando nello studio del legale. Il figlio della donna fu rilasciato due giorni dopo su cauzione. I due giornalisti della Bild am Sonntag furono rilasciati a febbraio 2011, grazie anche ai ripetuti appelli della Germania.

A dicembre 2011 Malek Ajdar Sharifi, il capo della magistratura dell'Azerbaijan Orientale, provincia dell'Iran settentrionale, riferendosi al caso Sakineh affermo' che "gli esperti islamici stanno riesaminando la sentenza per valutare la possibilita' di giustiziare per impiccagione una donna condannata alla lapidazione". Le dichiarazioni di Sharifi sollevarono le critiche di molti attivisti e pochi giorni dopo arrivo' la smentita: "Il suo caso segue il suo corso normale in conformita' alla legge", affermo' il magistrato. Da allora sulla vicenda e' calato il silenzio, fino all'atteso annuncio dell'amnistia e della liberazione di Sakineh.

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