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Legambiente: "Un quarto del territorio in peggioramento, male Sicilia e Veneto"

04 dicembre 2020 | 18.20
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(Ipa/Fotogramma)  - FOTOGRAMMA
(Ipa/Fotogramma) - FOTOGRAMMA

Degrado del suolo: in un quarto dell’intero territorio nazionale, sulla base dei rilevamenti effettuati da Ispra a partire dal 2012, gli indicatori indicano una tendenza negativa, con situazioni più critiche in alcune Regioni che sono anche quelle che, negli ultimi anni, hanno conosciuto processi più intensi di crescita urbana.

"Fermare il degrado del suolo, la land degradation, equivale a tutelare il grande patrimonio di biodiversità del Pianeta, a migliorare la risposta agli eventi climatici estremi e la nostra qualità della vita, ma anche a salvaguardare i prodotti di eccellenza del Made in Italy", sottolinea Legambiente che a questi temi ha dedicato il webinar' Un Green Deal per il suolo europeo', organizzato nell’ambito del progetto europeo Soil4life, in occasione della Giornata internazionale del suolo che si celebra domani, 5 dicembre, in tutto il mondo.

Secondo i dati preliminari elaborati da Ispra, al sud è la Sicilia (seguita da Puglia e Campania), la Regione che riporta indicatori maggiormente negativi per quanto riguarda il peggioramento dello stato di salute dei suoli. Si tratta di una delle Regioni tenute sotto particolare osservazione per il rischio di desertificazione. Piane costiere e aree interne della Sicilia, penisola salentina e l’area costiera campana tra Napoli e la Piana del Sele sono le aree in cui le criticità a carico del suolo sono più rilevanti, con grandi rischi di impatto economico a carico delle colture, spesso pregiate, che su questi suoli sono impostate.

Al Nord invece i dati peggiori riguardano il Veneto, che sconta gli effetti dell’onda lunga del consumo di suolo dovuto a crescita di infrastrutture e insediamenti, ma il dato negativo riguarda in generale la Pianura Padana, accentuandosi, senza soluzione di continuità, lungo la fascia pedemontana tra Veneto e Piemonte, dalla Marca Trevigiana al Biellese, ma con quadri preoccupanti che risalgono anche i fondivalle alpini di Adige, Isarco, Piave e Brenta.

In Italia centrale il fenomeno appare complessivamente meno pervasivo, ma gli indicatori di degrado sono preoccupanti, oltre che per l’area centro-laziale, anche per le fasce costiere e i contrafforti appenninici di Marche e Abruzzo.

"Trasformazioni del suolo, perdita di produttività e sostanza organica, erosione, incendi, aumento della frammentazione degli habitat naturali unito all’urbanizzazione ad oltranza, hanno in pochi anni degradato quasi 90mila km2 di territorio, un’estensione pari al doppio dell’intera Pianura Padana. È un fenomeno antropico che deve essere arrestato il prima possibile se vogliamo preservare una risorsa fondamentale per la vita di tutti i giorni", sottolinea Michele Munafò (Ispra).

"La nuova strategia tematica europea per contrastare il degrado del suolo deve mettere finalmente al centro delle politiche europee questa risorsa naturale non rinnovabile - rimarca il presidente di Legambiente Stefano Ciafani - Il punto è se questo basterà a recuperare il tempo perduto. Dobbiamo tenere presente che occorrono circa 500 anni per formare 2 cm di suolo fertile mentre in Europa ogni anno spariscono circa 44.000 ettari di suolo per effetto dell'urbanizzazione. Il fenomeno dell’erosione riguarda 1,3 milioni di km2 e ben il 45% dei suoli europei ha un contenuto di sostanza organica troppo basso per espletare al meglio tutte le sue funzioni. Urge quindi, da parte della Commissione Europea, una nuova proposta di Direttiva quadro concretamente finalizzata a proteggere il suolo e a conservarne le fondamentali funzioni ambientali, socio-economiche e culturali che offre".

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