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'L'invisibile', storie dei primi mesi di pandemia nel docufilm di Pier Francesco Cari

19 febbraio 2022 | 12.32
LETTURA: 6 minuti

La quotidianità stravolta dal virus attraverso le vicende di un tecnico radiologo, un vigile del fuoco, un’infermiera, un attore, una cassiera e una sceneggiatrice

Pier Francesco Cari
Pier Francesco Cari

Lacrime, sorrisi, speranze, emozioni, storie di vita quotidiana nell'Italia alle prese con il primo lockdown da pandemia: il docufilm 'L'invisibile (regia di Pier Francesco Cari, scritto dallo stesso Cari con Ilaria Fusco) racconta attraverso un video-diario i primi tre mesi di diffusione del Covid-19 in Italia dal punto di vista di un tecnico radiologo, un vigile del fuoco, un’infermiera, un attore, una cassiera e una sceneggiatrice. Reclusi in casa, lontani dai propri affetti, devono lottare contro un nemico invisibile, con la speranza di superare tutto e tornare alla vita. Non a quella di prima, perché per nessuno sarà più la stessa.

L’invisibile, disponibile su Amazon Prime Video, Apple Tv e Google Play, è la drammatica parentesi storica raccontata attraverso sei storie normali: è la quotidianità della vita che è stata stravolta dal virus. Sarà proprio grazie al ritratto della quotidianità vissuta in quei giorni che lo spettatore riuscirà ad orientarsi, riconoscendosi e facendo proprio ciascuno dei racconti. Le sei storie si sviluppano con immagini e parole che formano una trama fatta di difficoltà quotidiane e d’intima umanità, una stoffa dove l’invisibile di prima si materializza e si fa chiaro, assomigliando all’essenziale.

Nicolas è un vigile del fuoco in servizio a Bergamo. Vive in una fattoria a Pontida insieme alla famiglia e agli animali che accudisce con amore e passione. Durante la quarantena l’esistenza si regge sul delicato equilibrio di proteggere sua moglie e i suoi due figli ma anche gli altri, urgenze che a volte confliggono. Nonostante le difficoltà e le assurdità del momento, con il lavoro di sempre che sottostà a nuove procedure di difesa e i repentini cambi di programma, Nicolas riesce ad affrontare la vita con tenacia e resilienza. Lo aiuta il carattere forte e lo spirito di adattamento, caratteristiche fondamentali per un pompiere, specie in questo periodo.

Alessandra è una sceneggiatrice, vive anche lei nella provincia di Bergamo, a Clusone. Da anni lavora nell’ambito dello spettacolo, ha fatto la fixer per un giornalista di Dubai, in Italia per un reportage sulle prime fasi del virus a Codogno. Sente la sua anima spezzata dalla perdita di amici e conoscenti, persone che non vedeva da tempo e che non riuscirà più a salutare. Affronta la tragedia con una carica emotiva forte, che mette a disposizione di altri: anche attraverso il suo programma 'On Topic' su Instagram, aiuta chi la ascolta a rivivere la sciagurata evoluzione del virus nella zona più colpita d’Italia.

Bruno è un tecnico radiologo dell’ospedale di Parma. Ha poco più di trent’anni ma lavora con la determinazione e la professionalità di uno che il mestiere lo pratica da sempre, per vocazione. Con suo fratello abita a Parma, sono siciliani e soffrono con coraggio la lontananza forzata dalla propria terra e dai genitori in questo momento. Condivide la gravità della situazione con i suoi colleghi in ospedale, le difficoltà e le preoccupazioni quotidiane, la complicazione di procedure che servono a fronteggiare una situazione per lungo tempo vicina al collasso.

Matteo abita a Roma, fa l’attore di professione da anni. Marzo avrebbe segnato l’inizio della tournée, con due spettacoli scritti da lui e con i quali avrebbe guadagnato da vivere. Invece si ritrova chiuso in casa, non la sua ma quella della sua ragazza. Nell’isolamento collettivo comincia ad esibirsi sul terrazzo, affacciato su un complesso di palazzi nel quartiere della Magliana. Lo fa soprattutto per i bambini perché anche lui si sente in prima linea, non come medici e infermieri ma con una grande responsabilità fra le mani: intrattenerli. Giorno dopo giorno la comunità affacciata si espande e partecipa allo spettacolo, dedicando canzoni e inviando messaggi a parenti e amici lontani: nasce 'Radio Magliana', per necessità e per amore. Matteo è energico, sa regalare allegria agli altri, per professione e per natura, ma a volte non a se stesso. Piange, ma è solo dietro le quinte.

Alfonsina è una ragazza di ventotto anni di Napoli e fa la cassiera in un supermercato. Non avrebbe immaginato di ritrovarsi a rischiare la vita per lavoro, invece prova con coraggio a dare il suo contributo, esposta al contagio e ai gesti non sempre prevedibili dei clienti: qualcuno le regala delle mascherine cucite a mano per ringraziarla, altri provano a rubare la merce dagli scaffali. La sua è una storia di genuina determinazione, quella di chi continua a fare ciò che deve, perché non è il momento di tirarsi indietro.

Ketty è infermiera nel reparto di rianimazione dell’Ospedale Cannizzaro di Catania. In ventitré anni di servizio ha lavorato in tante strutture sanitarie sparse per l’Italia. Adesso è tornata nella sua città e la sua vita è cambiata per la diffusione del virus, ma nonostante il pericolo sta in prima linea e divide i turni fra ambulanza e reparto. Lo fa con energia inesauribile e una grande positività, affronta le sue giornate senza chiedersi se sia il caso o meno, è uno dei tanti esempi di chi fa un mestiere per amore. Ne ha un altro che l’aspetta a casa, invano. È il suo bimbo di dieci anni che per via di questa situazione può vedere soltanto tramite il suo smartphone. È lui a renderla forte ma anche ad indebolirla, facendola cedere a volte alla paura. A vederla lavorare, non si direbbe possibile che una come lei possa piangere.

Sei racconti che marcano il passaggio della tempesta e del ritorno della quiete, in un percorso che è la testimonianza decisiva di un momento che è nella storia. L’invisibile non assiste alla veemenza delle terapie intensive e degli ospedali al collasso, non racconta in maniera scientifica e didascalica la diffusione del virus fino alla sua (auspicabile) scomparsa. Non è un lavoro d’inchiesta che cerca le cause o gli errori commessi, la provenienza del virus o le strategie per evitare fenomeni simili in futuro. Il punto di forza di questo lavoro è la capacità di sfocare il contorno di ciò che mette a fuoco: l’uomo e la natura delle sue emozioni. È una possibilità per lo spettatore di specchiarsi con la parte più profonda di se stesso, orientandosi fra scarti e somiglianze con i protagonisti, concentrandosi sull’effetto collaterale del virus, magari alla fine benefico, di riscoperta delle persone.

"Seppur nella maniera più crudele possibile -osserva Pier Francesco Cari - questo periodo ha costretto ciascuno di noi a fermarsi, a prendersi una pausa dalla vita frenetica che stava conducendo. Niente lavoro, nessuna distrazione, dovevamo fare i conti soltanto con l’essenziale, 'L’invisibile' agli occhi. Abbiamo fatto tutti quanti le stesse cose, in tutta Italia, eccetto chi è stato costretto a stare in prima linea. Ci svegliavamo la mattina, prendevamo una boccata d’aria in terrazzo, facevamo gli esercizi in casa, una passeggiata con la scusa di portare a spasso il cane, poi tornavamo e cucinavamo i dolci per la mattina e poi la pizza, il bollettino delle 18.00, le canzoni dai balconi, gli aperitivi con gli amici su zoom. Tutti distanti, reclusi in dei bunker arredati con la paura persino di andare a fare la spesa".

"Io e Ilaria Fusco eravamo distanti, non ci siamo visti per tre mesi. Abbiamo deciso che volevamo raccontare quello che stavamo vivendo in quei giorni attraverso il nostro mestiere. Abbiamo ricercato e sviluppato sei storie di sei persone alle quali ci siamo molto affezionati. L’abbiamo fatto con amore, con la sola intenzione -spiega il regista- di marcare in eterno il nostro punto di vista su quello che stavamo vivendo. Le ansie, la depressione, il rasserenamento, lo stupore".

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