Roma, 19 mar. (Adnkronos Salute) - Un ritardo medio superiore ai 15 anni per la diagnosi della malattia di Anderson Fabry: 13 anni per gli uomini e 18 per le donne. E' quanto emerge dai dati della letteratura medica internazionale che testimonia quanto ci sia ancora da fare nel campo della diagnosi tempestiva per questa malattia rara. Una patologia genetica dovuta alla carenza di un enzima, che provoca danni al rene, al cuore e al sistema nervoso, con un conseguente considerevole peggioramento della qualità di vita delle persone che ne vengono colpite. In Italia sono circa 500 quelle che hanno ricevuto una diagnosi.
Di questa malattia, della sua diagnosi e trattamento si parlerà il prossimo 21 e 22 marzo a Roma in occasione del '3° Fabry Expert Lounge'. Un appuntamento scientifico biennale - realizzato con il supporto non condizionato di Genzyme, società del gruppo Sanofi - che vede riuniti i massimi esperti internazionali per condividere gli ultimi aggiornamenti sulla patologia. "Il pregio di appuntamenti scientifici come il Fabry Lounge è quello di poter riunire i massimi esperti della malattia che possono dialogare tra di loro ed i partecipanti", spiega Alessandro Burlina, direttore dell'Unità operativa complessa di neurologia dell'ospedale San Bassiano di Bassano del Grappa (Vicenza), esperto in malattie neurometaboliche ereditarie ed unico italiano presente nel comitato scientifico del congresso.
"La malattia di Anderson-Fabry - continua - è stata a lungo studiata dai colleghi nefrologi e cardiologi. Sono fiero di poter dire che l'interesse per le complicanze neurologiche della malattia, che riguardano sia il sistema nervoso che periferico, è progressivamente aumentato nel tempo e trova maggior spazio in questi convegni internazionali". Particolare attenzione in questa due giorni sarà dedicata al tema della diagnosi tempestiva realizzabile attraverso lo screening mirato della popolazione a rischio: di quei pazienti cioè che presentano problemi nefrologici, neurologici e cardiaci, che potrebbero essere riconducibili alla malattia di Anderson-Fabry. (segue)