Indagine sugli effetti della riforma
Solo il 5,5% di professionisti sarebbe più incline a cambiare lavoro per effetto del Jobs Act, ben il 44,3% è meno propenso a farlo e oltre il 50% ritiene che la nuova legge non impatti su questa scelta. Almeno stando ai risultati dell'indagine condotta da Michael Page, società di ricerca e selezione di personale specializzato nel middle e top management, a livello nazionale su un campione di 705 professionisti tra i 35 anni e i 45 anni, con provenienza da diversi settori e zone geografiche.
Non determinante l'influenza del Jobs Act per il 75,5% dei candidati nel favorire la ricerca di un nuovo lavoro. Mentre il restante 24,5% che ne riconosce l'utilità afferma che la riforma lo aiuterà a trovare un lavoro a tempo indeterminato (17,4%).
Di fronte alla domanda su quanto sia ritenuta interessante una nuova opportunità lavorativa con un aumento economico del 10-20%, in riferimento al nuovo contratto a tutele crescenti, si dichiara non interessato il 27% dei candidati.
Ma nella fase di negoziazione con il nuovo datore di lavoro quali sono le priorità dei candidati oggi, a fronte dell’attuazione della riforma? La retribuzione si distingue come l'elemento decisivo: il 53,2% sceglie un aumento dello stipendio superiore del 20% al consueto, come prima opzione da poter contrattare.
A seguire, più mesi di indennizzo in caso di licenziamento illegittimo da parte del datore di lavoro (16,2%), il riposizionamento all'interno dell'azienda in caso di licenziamento illegittimo (15%) e il mantenimento delle condizioni del vecchio contratto per un certo periodo (10,8%).
Infine, una nota dolente sull'informazione dei manager riguardo al Jobs Act: dal sondaggio risulta che il 32,3% non conosce il contenuto della nuova legge sul lavoro in Italia.