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Rassegna stampa: il lavoro nei quotidiani di oggi

02 novembre 2015 | 10.26
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Rassegna stampa: il lavoro nei quotidiani di oggi

"Il Parlamento ha il compito di fare le leggi e il governo il dovere di proporle. L’Inps è un ente strumentale del ministero del Lavoro. Punto». Cesare Damiano, ex ministro del Lavoro, presidente della Commissione Lavoro della Camera, intervistato da 'La Repubblica', non condivide quelle che di fatto considera le invasioni di campo del presidente dell’Inps, Tito Boeri.

"A mio avviso -insiste- l’Inps dovrebbe fornire dati e strumenti al Parlamento e al governo per fare le leggi, non proporle".

"Tra gli imprenditori si sta ricreando uno stato d'animo positivo, c'è più ottimismo rispetto a qualche tempo fa. Ci si è lasciati alle spalle il disagio dello spread a 500, il governo Renzi ha dato una scossa positiva all' economia e nel nostro settore ciò ha contribuito a rifocalizzarci di più sull'Italia e a puntare di più sul know how italiano". Lo dice, intervistato da 'Affari e Finanza' di 'La Repubblica', Patrizio Bertelli, amministratore delegato di Prada.

"Dopo circa un anno dall'introduzione del Jobs act -continua- si può senz'altro dire che la filiera delle piccole e medie imprese che operano nell'ambito del settore moda, pelletteria, calzature ha registrato benefici notevoli grazie alla riforma perché ha permesso di rinnovare la forza lavoro operai e anche di trasferire il know how industriale a una nuova generazione di giovani".

"Dal punto di vista degli interessi del Paese, Telecom resta e resterà una società italiana: italiane sono le sue competenze, il suo know how sviluppato in oltre 50 anni, le sue persone e infrastrutture. Ma a livello di azionariato, essendo quotati, sappiamo tutti che non c'è niente di più globale dei capitali. I capitali non hanno passaporto, l'importante è che arrivino da noi e che aiutino le nostre aziende a crescere". Così, intervistato dal 'Corriere della Sera', il presidente di Telecom, Giuseppe Recchi.

Per Recchi "se cambiassero i gestori dell'azienda il Paese ha strumenti normativi e regolatori per proteggere i suoi interessi strategici. Quanto alla banda ultralarga non immagino un azionista che non voglia far crescere la sua società, o che si porti via la nostra rete. Da questo punto di vista non c'è alcun pericolo".

"Stiamo vivendo delle grandi novità nel mondo dei trasporti. Novità che però i cittadini devono capire e interpretare correttamente per potere usufruire compiutamente dei benefici che arrecano". Così, intervistato da 'L'Unità', Andrea Camanzi, presidente dell’Autorità di Regolazione dei Trasporti, l’organo collegiale creato nel 2011 e competente per la regolazione nel settore dei trasporti.

"L’Autorità -racconta- è una prova che il nostro Paese può fare da battistrada e non inseguire le altre nazioni europee. Infatti, disporre di un organismo con una visione globale delle problematiche legate al mondo dei trasporti è un’esigenza sempre più evidente".

"Abbiamo fatto un notevole salto dimensionale. Siamo passati dai 25 miliardi di masse gestite del 2012, ai 36 di fine 2014, a settembre eravamo sopra 39 miliardi e a fine ottobre siamo già a 40 miliardi. La base di ricavi ricorrenti è cresciuta in maniera significativa". Lo dice, intervistato da 'La Stampa', l'amministratore delegato di Banca Generali, Piermario Motta.

Per Motta "l'andamento favorevole della prima parte dell’anno ci ha fatto beneficiare di commissioni di performance superiori alla media storica, così come l’espansione del core business nella raccolta. Questo ha compensato un margine di interesse in calo".

"Vediamo una fase di recupero. Non crediamo che il rallentamento cinese possa innescare una recessione globale. La Cina resta una grande potenza prevalentemente manifatturiera, più che di consumo, e questo limita i danni verso le economie dei paesi sviluppati". A dirlo, intervistato da 'La Stampa', Gabriele Zaninetti, Responsabile investimenti per Jp Morgan Private Bank in Italia.

"La correzione -continua Zaninetti- ha riportato i valori di mercato sotto le medie di lungo periodo, offrendo livelli d’ingresso favorevoli per gli investitori".

"Altro che busta arancione. L’idea di spedire ai lavoratori un estratto contributivo integrato con tutti i versamenti, magari accompagnandolo con una proiezione sull’effettivo importo pensionistico è tutta italiana. Altro che svedese". Alberto Brambilla, esperto di questioni previdenziali, intervistato da 'Libero', già nel 1995 avviava la sperimentazione (a corredo della riforma Dini).

"Nel 1995 con la riforma Dini, essendo cambiato il metodo, ci rendemmo conto -continua Brambilla- che bisognava avvisare le persone. In quegli anni vengono a studiare da noi la riforma proprio svedesi e lituani. E a questi signori spieghiamo il nostro calcolo contributivo. Nel 1997 gli svedesi adottano un sistema molto simile al nostro. Poi nel 2000, sempre gli svedesi -conclude- spediscono le prime “buste arancioni”, prima più semplici poi sempre più evolute...".

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