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Ricerca: studio italiano svela difetto all'origine della Sla

14 febbraio 2015 | 10.59
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Sotto accusa l'interazione fra un enzima e una proteina, spiegano scienziati dell'Istituto Mario Negri di Milano finanziati dalla Fondazione Telethon

Foto Infophoto
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Ci sono difetti di interazione fra un enzima e una proteina tra i fattori responsabili della sclerosi laterale amiotrofica. A svelare queste 'relazioni pericolose' è uno studio italiano pubblicato su 'Brain', condotto dagli scienziati dell'Irccs Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano e finanziato dalla Fondazione Telethon. Il lavoro, partendo dalla dimostrazione che la proteina TDP-43 è anomala nella grande maggioranza dei malati di Sla, ha stabilito che questo dipende dall'enzima PPIA (peptidilprolyl isomerasi A).

"A conferma del ruolo importante di questo enzima - spiega Valentina Bonetto del 'Mario Negri', coordinatrice del progetto - abbiamo visto che la sua mancanza, in un modello di Sla nel topo, accelera la progressione della malattia. Inoltre, una relativa carenza dell'enzima è stata riscontrata in vari modelli cellulari e animali di Sla, nonché nei pazienti con Sla sporadica". "Grazie a questi studi - aggiunge Caterina Bendotti dell'Irccs diretto da Silvio Garattini - abbiamo capito che PPIA all'interno dei motoneuroni esercita un effetto protettivo. Questi risultati prospettano la possibilità di ottenere un effetto terapeutico attraverso la stimolazione o la sostituzione dell'enzima".

La Sla è una malattia neurodegenerativa senza cura che colpisce i motoneuroni, le cellule nervose che impartiscono ai muscoli il comando di movimento. In generale, si assiste alla perdita progressiva delle funzioni motorie fino alla paralisi dei muscoli respiratori, ricorda una nota dal Mario Negri. Ogni anno in Italia la malattia colpisce circa 3 persone ogni 100.000, per un totale di oltre 4.000 persone oggi colpite nel nostro Paese. Lo studio è stato condotto in collaborazione con i neurologi Gabriele Mora della Fondazione Salvatore Maugeri di Milano, Christian Lunetta del Centro clinico Nemo-ospedale Niguarda del capoluogo lombardo, e Massimo Corbo della Casa di cura del Policlinico di Milano. Lo studio è sostenuto anche da Fondazione Aldo e Cele Daccò, Comunità europea, Associazione 'Amici del Mario Negri' e Fondazione 'Vialli e Mauro'.

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