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AUMENTI COSTI ENERGETICI

Rischio paralisi per il vino italiano. La crisi del gas fa esplodere i costi

11 ottobre 2022 | 13.46
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Secondo l’Osservatorio UIV-Vinitaly, è una falla da quasi 1,5 miliardi di euro quella causata dai costi di gas ed energia sul vino italiano.

Rischio paralisi per il vino italiano. La crisi del gas fa esplodere i costi

È un surplus di costi che fa paura quello che si sta abbattendo sul mondo del vino italiano, uno dei comparti del Made in Italy più in salute costretto ora a lanciare l’allarme. Il timore principale è che all’escalation dei costi si aggiunga la crisi dei consumi, in Italia e nel mondo. Secondo l’indagine dell’Osservatorio Uiv-Vinitaly compiuta nell’ultima settimana sulle imprese italiane, il surplus dei soli costi energetici (+425 milioni di euro) e, di conseguenza, delle materie prime secche (oltre 1 miliardo in più per vetro, carta, cartone, tappi, alluminio) valgono da soli un aumento dell’83% rispetto ai budget di inizio 2022.

Per il presidente di Unione italiana vini (Uiv), Lamberto Frescobaldi: “L’indagine dimostra come la crisi in atto non risparmi il nostro settore, che non è energivoro ma in molte sue componenti ne subisce conseguenze dirette. Quello che possiamo fare ora è consolidare con un patto di filiera tutte le dinamiche che possano produrre un effetto cuscinetto a garanzia di competitività e mercato. Produttori, industriali, cooperative e distributori dovranno perciò assorbire parte degli aumenti per non scaricarli completamente sui consumatori ed evitare una pericolosa depressione dei consumi”.

Ai costi già indicati si aggiungono altre voci in incremento (vino sfuso, costi commerciali, forza lavoro) che portano a un aumento dei costi totali di quest’anno del 28%. Secondo l’indagine compiuta su un panel in rappresentanza del 30% del mercato, l’incremento dei listini stimati dall’Osservatorio nei primi 9 mesi di quest’anno è infatti del 6,6%, un dato insufficiente per coprire una variazione al rialzo dei prezzi che le imprese hanno richiesto nell’ordine dell’11%.

Il gap equivalente è pari a 600 milioni di euro di costi non coperti da ricavi che il vino italiano è costretto a sostenere per rimanere sul mercato. A rimetterci più di tutte sono proprio le aziende di filiera, le piccole imprese che producono, vinificano e imbottigliano tutto, o quasi, in casa propria. In difficoltà anche gli industriali del vino e il mondo della cooperazione a causa di una dinamica che penalizza in particolare i segmenti basic e popular dell’offerta, a partire dagli spumanti di prezzo medio. Diverso l’impatto sulla fascia premium, non solo perché in grado di assorbire meglio le variazioni ma anche in virtù di un mercato maggiormente disposto ad accettare le richieste di aumento dei listini.

Per l’amministratore delegato di Veronafiere, Maurizio Danese: “Riteniamo sia un dovere per Vinitaly monitorare le dinamiche del settore, a maggior ragione in un momento delicato come questo. Quanto sta succedendo impatta fortemente anche sul vino, ma c’è la consapevolezza che i fatti di oggi, come quelli di 2 anni fa, rappresentino fattori esogeni e non strutturali che agiscono su un comparto comunque in salute.
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