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Tumori: l'immunoterapia contro il cancro al seno, summit a Padova

10 settembre 2015 | 16.22
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(Afp Photo/Carl Court Afp)
(Afp Photo/Carl Court Afp)

Addestrare i 'soldati' del sistema immunitario a riconoscere le cellule tumorali, combatterle e distruggerle. Un attacco naturale sferrato 'dall'interno', con un effetto più duraturo e la speranza di guarire per sempre. Il principio alla base dell'immunoterapia anticancro, dopo i successi riscossi contro i melanomi e i tumori polmonari, ora promette di cambiare anche la storia del cancro al seno. In particolare nei casi più difficili. E' il tema al centro del congresso internazionale 'Meet the professor', che dal 10 al 12 settembre riunisce a Padova diversi attori della lotta al 'big killer' in rosa.

Giunto all'11esima edizione, il summit è organizzato dall'Accademia nazionale di medicina Accmed e diretto da 2 grandi nomi dell'oncologia mondiale: Pier Franco Conte, coordinatore della Breast Unit dell'Irccs Istituto oncologico veneto-Iov padovano e direttore di Oncologia medica all'università cittadina, e Gabriel Hortobagyi dell'University of Texas MD Anderson Cancer Center di Houston, in Texas. La '3 giorni' vede fianco a fianco patologi, radiologi, chirurghi, genetisti e oncologi. Un evento multidisciplinare e internazionale: i 9 membri del comitato scientifico arrivano da Svezia, Egitto, Polonia, Regno Unito, Germania, Spagna e Olanda; solo 2 dall'Italia.

Contro il tumore al seno "siamo agli albori di una rivoluzione", dicono gli esperti: si chiama oncoimmunoterapia e "sembra particolarmente promettente verso i tumori al seno più aggressivi: gli Her2-positivi e i triplo-negativi", sottolinea Conte. "Sono proprio i tumori più mutati o capaci di mutare quelli che meglio vengono riconosciuti dal sistema immunitario, se adeguatamente aiutato dalle nuove terapie. Al momento sono sperimentali - precisa - e per evitare il rischio di reazioni autoimmuni agiscono non tanto stimolando il sistema immunitario, ma depotenziando il freno che il sistema stesso si impone: il recettore PD1 utilizzato dai tumori per evadere la sorveglianza immunitaria. La cosa straordinaria è che la terapia immune è duratura nel tempo. Il sistema immunitario diventa capace di controllare il tumore molto a lungo" e "finalmente si può cominciare a parlare di guarigione".

"Negli ultimi 10 la ricerca contro il cancro ha puntato moltissimo sui cosiddetti farmaci intelligenti o target, diretti cioè su bersagli molecolari presenti nelle cellule tumorali", ricorda Conte. "Questa via ha prodotto risultati significativi", ma con dei limiti "a causa della capacità del cancro di mutare continuamente diventando insensibile agli stessi farmaci che funzionavano poco prima. Per cui adesso si sta provando combattere i tumori utilizzando, oltre ai farmaci target, sostanze che attivano le difese immunitarie". Il ragionamento alla base è che "se il cancro si è sviluppato è perché il sistema immunitario non ha funzionato e non funziona bene, in particolare perché è poco capace di riconoscere le cellule cancerose. Tutti i ricercatori - assicura l'esperto - sono concordi sul fatto che l'immunoterapia è il futuro dell'oncologia".

Fra gli altri argomenti in agenda anche le nuove prospettive salva-fertilità e sessualità, e le nuove opportunità di terapia aperte dallo studio delle mutazioni di Brca1 e Brca1: quelle che hanno spinto l'attrice americana Angelina Jolie a decidere di farsi asportare seno e ovaie per evitare di ammalarsi di cancro. Una scelta choc che in futuro potrebbe essere dribblata grazie a un approccio più attivo, grazie a nuovi farmaci allo studio per contrastare in modo mirato gli effetti dei 'geni Jolie'.

Le persone portatrici di una mutazione dei geni Brca1 o Brca2 hanno un rischio molto elevato di sviluppare un cancro al seno (fino al 70-80%) o all'ovaio (fino al 40%), ricordano gli specialisti a congresso. Scoprire la mutazione di questi geni finora era importante solo per rendersi conto del rischio e prevenirlo, o sottoponendosi a controlli periodici più frequenti e accurati e correggendo lo stile di vita, oppure optando per la chirurgia profilattica come ha fatto la signora Pitt. Adesso invece "si stanno aprendo nuove prospettive che permettono un vero ribaltamento della situazione", sottolineano i medici. "Si sta cominciando a capire - spiega Conte - che le mutazioni dei geni Brca1 e 2 possono anche permettere terapie specifiche, molto mirate ed efficaci, nel caso la malattia si presenti comunque".

"Il meccanismo è raffinato: le cellule cancerose, tutte - precisa Conte - quando vengono aggredite dai farmaci antitumorali cercano di riparare il proprio Dna secondo diversi meccanismo biochimici. E questo fenomeno, ben noto, limita l'efficacia delle cure. Si è scoperto però che le cellule cancerose con Brca mutato dispongono soltanto di alcuni di questi meccanismi di riparazione per sopravvivere, non di tutti come le altre cellule. Per cui ora si sta provando a bloccare questi meccanismi di riparazione (essendo meno numerosi è meno difficile) con farmaci appositi. E così il temuto gene Brca mutato da spauracchio diventa un'occasione per una terapia più efficace. A promettere questo ribaltamento della situazione è uno studio condotto allo Iov su 400 pazienti e prossimo alla conclusione. Consiste nell'utilizzo di farmaci intelligenti: gli inibitori del Parp, un enzima chiave nei processi di riparazione che le cellule cancerose Brca mutate sono in grado di utilizzare".

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