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Cold case. Dna fa luce sulla morte di Alberto I del Belgio dopo 80 anni

22 luglio 2016 | 18.51
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Reliquie con il sangue di Alberto I del Belgio - KU Leuven - Maarten Larmuseau
Reliquie con il sangue di Alberto I del Belgio - KU Leuven - Maarten Larmuseau

Un'indagine su insolite reliquie e vecchie tracce di sangue fa luce sul mistero che ancora circonda la morte di re Alberto I del Belgio. Il sovrano rimase ucciso nel 1934, ufficialmente in un incidente di arrampicata, ma intorno alla sua scomparsa fioriscono ancora teorie complottistiche. Ora il genetista forense Maarten Larmuseau e i suoi colleghi della KU Leuven (Università di Lovanio, Belgio), hanno confrontato il Dna del sangue trovato sulla scena nel 1934 con quello di due lontani parenti del re. La loro analisi conferma che il sangue è in realtà proprio quello di Alberto I. Una conclusione in contrasto con diverse teorie del complotto sulla morte del sovrano.

Il 17 febbraio 1934 il re Alberto I morì dopo una caduta dalle rocce a Marche-les-Dames, nella regione delle Ardenne nei pressi di Namur. Alberto I era famoso nel mondo a causa del suo ruolo durante la I guerra mondiale. L'assenza di testimoni della sua morte ha alimentato negli anni speculazioni circa la causa reale della morte del sovrano. Da un omicidio politico a un delitto passionale, i complottisti hanno pensato che il re fosse stato ucciso altrove e che la caduta fosse stata messa in scena solo più tardi. Teorie finora prive di prove. Subito dopo la morte di Alberto I, Marche-les-Dames è diventato praticamente un luogo di pellegrinaggio, e reliquie del sentiero con tracce di sangue reale sono state raccolte durante la notte del 17-18 febbraio dagli abitanti della zona.

Fin qui la storia. Il giornalista di Reinout Goddyn, che lavora per il programma televisivo fiammingo Royalty, ha acquistato una di queste reliquie: foglie degli alberi macchiate di sangue. Voleva sapere se le tracce potevano essere davvero il sangue di Alberto I, date le teorie del complotto. Nel 2014, il professor Dieter Deforce aveva già confermato che il sangue era sicuramente umano.

Il genetista Maarten Larmuseau ei suoi colleghi della KU Leuven hanno continuato le indagini e trovato due parenti in vita di Alberto I: "Re Simeone II di Sassonia-Coburgo-Gotha, ex primo ministro della Bulgaria, che è legato alla Alberto I per parte di padre, e Anna Maria Freifrau von Haxthausen, una baronessa tedesca che è legata al sovrano per parte di madre. Entrambi erano disposti a collaborare. Hanno fornito campioni di Dna che abbiamo confrontato con quello sulle reliquie raccolte sul sentiero. Così abbiamo scoperto - spiega lo studioso - che il sangue è quello di Alberto I".

Una conferma importante. "Ottanta anni dopo il fatto, tutte le persone coinvolte sono morte, e la maggior parte del materiale è andato. Probabilmente non saremo mai del tutto in grado di respingere tutte le speculazioni riguardo a questo 'cold case'. Ma questo studio è una delle ultime possibilità di raccogliere dati aggiuntivi. L'autenticità delle tracce di sangue conferma la versione ufficiale della morte di Alberto I. La storia che il cadavere del re non sia mai stato a Marche-les-Dames o sia stato messo lì solo durante la notte è ormai molto improbabile. Inoltre i risultati mostrano che lo svolgimento di un'indagine perfetta all'epoca fu impossibile fin dall'inizio, perché i cacciatori di souvenir avevano già alterato la scena".

"Ci siamo concentrati solo sull'individuazione delle tracce di sangue e volutamente abbiamo evitato di dedurre altri risultati dal Dna", continua Larmuseau, alludendo a eventuali riflessi su patologie ereditarie. "Quest'ultimo è stato l'aspetto più difficile di questo studio. Vogliamo anche proteggere la privacy di tutti i soggetti coinvolti e dei parenti viventi, ed evitare la commercializzazione delle informazioni genetiche". Ecco perché i profili genetici non sono stati pubblicati, ma sottoposti a doppio controllo da esperti indipendenti. "I campioni di Dna del nostro studio sono stati distrutti. Ciò che resta della reliquia sarà affidato a un istituto per i beni culturali o un'istituzione scientifica", spiega lo studioso, che ha pubblicato i risultati della sua indagine su 'Forensic Science International: Genetics', insieme a Ronny Decorte e ad altri colleghi.

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