Roma, 3 giu. (Labitalia) - Dall'introduzione nel codice penale del reato di caporalato (2012 ndr) sono circa 355 i caporali arrestati o denunciati, di cui 281 solo nel 2013. E' quanto emerge dal secondo Rapporto Agromafie e caporalato, redatto dall’Osservatorio Placido Rizzotto per conto della Flai Cgil. Sono circa 80 gli epicentri dello sfruttamento dei caporali, e in 55 di questi sono state riscontrate condizioni di lavoro indecente o gravemente sfruttato.
"Sono circa 400.000 i lavoratori - si legge- che potenzialmente trovano un impiego tramite i caporali, di cui circa 100.000 presentano forme di grave assoggettamento dovuto a condizioni abitative e ambientali considerate paraschiavistiche, anche se negli ultimi anni le denunce sono sensibilmente cresciute".
"Più del 60% dei lavoratori e delle lavoratrici -continua il rapporto- costrette a lavorare sotto caporale, la maggior parte stranieri comunitari e non, non ha accesso ai servizi igienici e all'acqua corrente. Più del 70% presenta malattie non riscontrate prima dell'inserimento nel ciclo del lavoro agricolo stagionale. Poi ci sono le intollerabili tasse dei caporali che sono pagate dai lavoratori e dalle lavoratrici e da tutti noi in termini di mancato gettito per la fiscalità generale".
"Solo in termini di mancato gettito contributivo -rileva il rapporto Agromafie- il caporalato ci costa più di 600 milioni di euro l'anno. I lavoratori impiegati dai caporali percepiscono un salario giornaliero inferiore di circa il 50% di quello previsto dai contratti nazionali e provinciali di lavoro, cioè circa 25-30 euro per una giornata di lavoro che dura fino a 12 ore continuative".
A questo bisogna aggiungere, fa notare il rapporto, "le tasse da corrispondere ai caporali dovute al trasporto (circa 5 euro), all'acquisto di acqua (1,5 euro a bottiglia), di cibo (3,5 euro per un panino) e commissioni varie dovute all'impossibilità di accedere a beni di prima necessità come il cibo e i medicinali. In molti casi, soprattutto al Sud, i lavoratori sono costretti anche a pagare l'affitto degli alloggi fatiscenti nei tantissimi ghetti lontani dai centri urbani e da occhi indiscreti".
"I lavoratori non scelgono di vivere -sottolinea il rapporto- in questi contesti fatiscenti, ma sono costretti a farlo, visto che solo in quei luoghi troveranno un caporale che gli offrirà una giornata lavorativa".