"Non è troppo tardi perchè il presidente Obama ripensi la leadership globale degli Stati Uniti". E' quanto scrive Fred Hiatt, il principale editorialista del Washington Post, sottolineando che "se l'annessione della Crimea da parte di Putin", che bisogna ricordare è "il cattivo della vicenda", non è "colpa di Obama, mostra tuttavia in modo netto come il mondo con cui Obama deve fare i conti non è quello che si aspettava di guidare".
Hiatt ricorda infatti come Obama sia arrivato alla Casa Bianca "convinto che la diplomazia potesse risolvere i problemi che George Bush aveva ignorato, creato o esacerbato; che la graduale abolizione delle armi nucleari fosse forse il più importante obiettivo degli Stati Uniti; che la ripresa economica a casa avesse la precedenza, e fosse il prerequisito, per la leadership all'estero".
Su queste basi, e su un'ottimistica valutazione della situazione in Europa e Medio Oriente, la scelte dell'amministrazione sono state di "un ridimensionamento delle ambizioni globali degli Stati Uniti", per concentrarsi su quello che ha chiamato "il nation building in patria", praticamente cedendo a tendenze isolazioniste. (segue)