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Brexit, la scommessa dei mercati

16 gennaio 2019 | 22.00
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(Fotogramma/Ipa) - FOTOGRAMMA
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Con Theresa May ancora al suo posto, dopo la fiducia ottenuta al Parlamento britannico, non si andrà a elezioni e si farà - Ue permettendo - un nuovo accordo sulla Brexit, oppure, in extrema ratio, un nuovo referendum. E, nel frattempo, i primi segnali che arrivano dai mercati, con la sterlina che si rafforza sul dollaro e sulle altre valute, in linea con quanto accaduto ieri sera, rivelano un certo ottimismo tra gli operatori. Insomma, gli investitori scommettono che il Regno Unito schiverà un'hard Brexit o un 'no deal', un'uscita senza accordo dall'Unione europea, che avrebbe conseguenze catastrofiche per il Paese.

"Se il mercato fosse pessimista, non comprerebbe sterline e ci sarebbero state ripercussioni forti sull'azionario", e così per ora non è stato, osserva Massimo Siano, responsabile per il Sud Europa di WisdomTree, da tredici anni a Londra, attento osservatore delle dinamiche politico-economiche del Regno Unito. La sua idea è abbastanza estrema: "Non c'è nessuno ormai che voglia davvero la Brexit, e questo gli investitori lo hanno percepito". Uno degli scenari che l'analista ritiene probabile, dopo la mancata sfiducia alla May, è che la Brexit si risolva in un nulla di fatto, "a furia di continui rinvii", a partire dal molto probabile slittamento della scadenza del 29 marzo.

Il motivo più dirompente a suffragio della sua tesi è il rischio di una forte crisi immobiliare. "Metà dei tory e dei laburisti hanno sicuramente una casa di proprietà per cui pagano un mutuo. E, in Gran Bretagna come in Italia, la casa non è tua ma di una banca finché non finisci di pagare le rate. Con un 'no deal' - dice all'Adnkronos - il crollo immobiliare sarebbe inevitabile, non si riuscirebbero più a vendere case e uffici di chi lascia il Paese, e il problema diventerebbe di natura bancaria. Difficoltà per le banche nel Regno Unito hanno ripercussioni sistemiche, con conseguenze sull'Europa e anche sulle politiche delle banche centrali".

Senza un accordo con l'Ue, l'uscita del Regno Unito provocherebbe conseguenze immediate: "Compromettendo la permanenza nel mercato unico, ci sarebbe una forte svalutazione della sterlina. L'aumento dell'inflazione provocherebbe l'intervento della banca centrale, che alzerebbe i tassi con una serie di effetti sui mutui e altre reazioni a catena, tali da contagiare le imprese e l'economia reale". Nessuno, al Governo e in Parlamento, sottovaluta questi scenari, secondo l'analista. "La mia teoria - spiega ancora - è che il worst case scenario (lo scenario peggiore) fosse già l'accordo della May e sostanzialmente il Parlamento ha votato contro l'uscita della Gran Bretagna dalla Ue e ora non sanno cosa fare".

Con la fiducia confermata alla premier britannica, "è possibile che si rinegozi tutto da capo: il piano B è prendere tempo, aspettando Godot". Il mercato, a questo punto, "resterà incerto", fino a che "non si riuscirà a trovare una scorciatoia, un nuovo partito o un nuovo referendum, capace di evitare la Brexit. Questo è quello che vogliono trovare e hanno bisogno di tempo".

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