Il turismo estivo in Sardegna negli ultimi anni è diventato un boom. Nel 2015 si sono avuti ben 2.610.151 arrivi, che su una popolazione di 1 milione e 600 mila abitanti costituiscono una vera e propria 'invasione'. Con una spinta decisiva per l'occupazione stagionale. E' quanto si evince dal rapporto 'L’effetto occupazionale della stagione estiva in Sardegna', realizzato dall'osservatorio statistico dei consulenti del lavoro e presentato a Fordongianus (Or) in occasione del XIX congresso regionale della categoria.
A questi dati, spiegano i consulenti del lavoro, va aggiunto un numero considerevole di turisti che accedono ad alloggi non censiti nelle statistiche ufficiali, quali gli affittuari settimanali di case vacanze gestite da privati o i possessori di seconde case al mare che trascorrono i mesi estivi sulle coste dell’isola. Questo boom, spiegano i professionisti, determina quindi un aumento dell’occupazione stagionale.
Se si confronta il numero di occupati sardi del primo trimestre del 2016 con quello del terzo trimestre l’aumento è di 33 mila persone, anche se l’effetto estate sull’occupazione regionale è molto diversificato nelle 8 province. La provincia di Olbia-Tempio, ad esempio, ha fatto registrare un incremento record di 15,9 punti percentuali (pari a 17 mila occupati in più fra il primo e il terzo trimestre), portando il tasso di occupazione provinciale del terzo trimestre (59,9%) a superare di oltre due punti la media nazionale (57,6%). Mentre, invece, le province di Oristano e Carbonia-Iglesias non registrano differenze significative in termini occupazionali tra estate e inverno.
Il rapporto analizza anche le tipologie contrattuali che caratterizzano l’occupazione estiva in Sardegna, partendo dai dati 2014 sulle 'forze di lavoro', elaborati dall'Istat ovvero la somma dei disoccupati e degli occupati che costituisce anche la popolazione attiva. Un quarto delle persone che trovano occasioni di lavoro nel settore turistico non è in regola rispetto alla normativa vigente in materia fiscale-contributiva. Il settore con il tasso di lavoro irregolare più alto nel 2014 è quello domestico (59,8%); seguito dai servizi di alloggio e ristorazione (26,6%).
Dai dati delle comunicazioni obbligatorie, invece, si evince quando ha inizio l’aumento delle assunzioni, quali i settori economici, le professioni, i contratti e le durate medie dei contratti. Tra aprile e luglio 2016 gli assunti nel settore privato extra agricolo sono stati circa 158 mila, dei quali oltre un terzo (34,3%) da esercenti di alberghi.
Se poi si analizzano le durate dei contratti si scopre che nel settore turistico sono state effettuate 37 mila assunzioni, 33 mila delle quali con contratti a tempo determinato (89%). Gli assunti ad aprile lavorano per tutto il periodo estivo con contratti di 5 mesi, mentre si riduce la durata contrattuale, e di conseguenza reddito e contributi previdenziali, degli assunti a luglio, che lavorano in media 62 giorni.
Le professioni turistiche più richieste tra aprile e luglio, spiegano i consulenti del lavoro, sono gli addetti alle attività di ristorazione (62,9%), seguiti da personale non qualificato nei servizi di pulizia (15,8%). Le donne assunte sono il 46,1% del totale e ricoprono posizioni di addette alle vendite (81%), professioni segretariali (76%) e professioni tecniche delle attività turistiche e ricettive (60,7%). Sono soprattutto i giovani con meno di 35 anni a risentire della precarietà in impieghi come addetti alle attività di ristorazione (58,3%) e come personale qualificato addetto alla vigilanza (67,6%).
Ma la stagione estiva in Sardegna si presenta come un’occasione di lavoro anche per gli stranieri, che rappresentano l’8,7% del totale degli occupati a tempo determinato, e per i domiciliati in altre regioni, che raggiungono il 12,2% del totale.
Negli ultimi anni le politiche regionali hanno tentato di favorire l’allungamento dei contratti per incrementare il reddito, la storia previdenziale e l’accesso a sostegni di disoccupazione. Ma la Sardegna ha bisogno di investimenti mirati (infrastrutture, trasporti, agroalimentare, beni culturali) che consentano di superare la logica legata al turismo stagionale valorizzando durante tutto l’anno le tradizioni culturali e culinarie dell'Isola.