Confermato da Paolo Gentiloni alla guida del ministero del Lavoro, Giuliano Poletti, classe 1951, un 'veterano' del governo Renzi, nominato al vertice del dicastero il 22 febbraio 2014 dopo essere stato dal 2002 Presidente nazionale della LegaCoop.
Per Poletti sono stati due anni e 10 mesi nella 'mischia', sfiorato anche dall'inchiesta Mafia Capitale, per spiegare e difendere i provvedimenti più importanti, ma anche più controversi, dell'esecutivo: dalla riforma del mercato del lavoro, con il contratto a tutele crescenti e l'abrogazione di fatto dell'articolo 18 per chi si affaccia nel mondo del lavoro alla versione 'italiana' del programma europeo 'Garanzia giovani' per alleviare la disoccupazione under 29; dalla riforma degli ammortizzatori sociali al piano di contrasto alla povertà fino al recente accordo con Cgil, Cisl e Uil sul prestito pensionistico.
Un ritrovato 'dialogo', quello, con le parti sociali che potrà così continuare su un altro capitolo importante, la gestione delle crisi nelle aree industriali. Pragmatico e diretto, nel suo dialetto romagnolo, si è sempre ispirato, come raccontava lui stesso, a quella "sostanza delle cose" con cui guardava alla realtà Marco Biagi, il giuslavorista ucciso dalle Br.