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"Libia? L'Italia parla con tutti"

13 aprile 2019 | 08.13
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Intervista del Fatto al premier Conte: "Interloquire con tutti gli attori che hanno un ruolo nella crisi libica". E sulla Francia spiega: "Al Paese conviene la stabilità"

(Afp)
(Afp)

"Non ho motivo di pensare che la Francia possa avere interessi differenti dalla stabilità e dal pieno recupero della Libia a una prospettiva di sviluppo e di benessere della popolazione. Una Libia instabile non può certo consentire alla Francia di perseguire eventuali interessi economici nazionali. Nel passato sono stati commessi errori di cui non consentiremo la ripetizione". Lo dice il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, in un’intervista a 'Il Fatto quotidiano'.

Con il Presidente francese Emmanuel Macron, assicura il premier, "ci sentiremo senz’altro, i nostri staff si aggiornano costantemente. Per anni l’Italia ha sostenuto il governo di Al Sarraj, unico interlocutore per la nostra diplomazia. Quello di Sarraj è l’unico governo che è sempre stato riconosciuto dalla comunità internazionale. Da quando il mio esecutivo ha iniziato a occuparsi del dossier libico, ho subito acquisito la consapevolezza che non è però pensabile una soluzione del conflitto senza interloquire con tutti gli attori che hanno un ruolo, locali o internazionali. E Haftar ha sempre avuto un ruolo importante, in particolare in Cirenaica. Noi parliamo con tutti gli attori sul terreno, in base a un approccio inclusivo, avendo come obiettivo il pieno rispetto delle prerogative e il benessere del popolo libico".

Per questo Conte conferma l’incontro avvenuto con gli emissari di Haftar. "Mi è stata consegnata una lettera personale del generale Haftar, a conferma - spiega - della fiducia che ha nei miei confronti. Io ho chiesto ai suoi emissari aggiornamenti sulla situazione sul terreno. Loro affermano di voler liberare il Paese dalle formazioni terroristiche e operare una unificazione delle Forze armate e di sicurezza. Io ho ribadito la mia ferma opposizione a una deriva militare che farebbe ulteriormente soffrire la popolazione civile già provata. Ho ribadito la mia disponibilità a mantenere aperto ogni tipo di dialogo utile a pervenire a una soluzione politica".

"L'Italia - ribadisce Conte - non scommette sull’uno o sull’altro attore. Noi scommettiamo sulla volontà del popolo libico di vivere in pace e godere delle risorse del proprio territorio. Detto questo, Misurata è una realtà di primo piano, anche militare, nell’assetto del Paese. L’opinione pubblica si concentra sul binomio Haftar-Sarraj ma la situazione è più complessa".

In Libia, sottolinea ancora il premier, "c'è il serio rischio che si sviluppi una crisi umanitaria che finirebbe per sfinire una popolazione già provata da otto anni di instabilità. In caso di conflitto armato, potrebbero interrompersi le rotte libiche interne di migranti provenienti da altri Paesi, in particolare dell’Africa subsahariana. Ma da Paese perlopiù di transito, la Libia diventerebbe un Paese di partenza delle migrazioni".

"Questo - aggiunge - metterebbe a dura prova un sistema di accoglienza che non funziona ancora a livello europeo e che stiamo cercando di modificare a Bruxelles. Inoltre, salterebbero tutte le iniziative bilaterali e multilaterali che abbiamo sin qui promosso in una logica di cooperazione con i Paesi di partenza e di transito".

Per quanto riguarda gli Usa, "non c'è nessun disimpegno degli Stati Uniti: per Washington - spiega Conte - il dossier libico non può avere l’interesse prioritario che riveste per l’Italia. Quel quadrante è oggetto di attenzione degli Stati Uniti soprattutto per il contrasto al terrorismo e la possibile influenza russa. Mentre storia e geografia impongono all’Italia di rimanere in prima linea, cosa di cui lo stesso presidente Trump mi ha dato atto".

Sul fronte tedesco, invece, con la cancelliera Angela Merkel - spiega Conte - "ci siamo aggiornati sulla crisi: anche lei è molto preoccupata e condivide la nostra linea secondo cui l’opzione militare non può essere una soluzione. Lavoreremo insieme nell’ambito della Ue per perseguire una linea comune ed evitare che si proceda in modo disordinato".

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