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Geni e biologia influenzano la risposta all'esercizio fisico

16 giugno 2014 | 17.25
LETTURA: 3 minuti

Geni e biologia influenzano la risposta all'esercizio fisico

(Adnkronos Salute) - Se alla vicina di scrivania bastano due ore a settimana in palestra per sfoggiare un fisico scolpito e a noi ne occorrono almeno sei, la colpa è dei geni e della biologia cellulare. A stabilirlo sono alcuni lavori presentati all'Ada (American Diabetes Association) 2014, in corso a San Francisco. Gli esperti, in generale, raccomandano 75-150 minuti di esercizio aerobico a settimana, abbinati a un lavoro muscolare, per restare in forma. Ma ora i ricercatori spiegano perché l'allenamento non ha su tutti gli stessi effetti. E la 'colpa' sta proprio nella genetica. Tanto che, secondo Claude Bouchard del Pennington Biomedical Research Center, i regimi di attività fisica per alcune persone possono rivelarsi addirittura controproducenti.

Alcune persone, spiega Bouchard, sono 'adverse responders': in seguito all'attività fisica regolare, subiscono infatti delle alterazioni che peggiorano il loro profilo di rischio per una serie di patologie. Due anni fa lo studioso analizzò una serie di parametri (pressione sistolica, colesterolo Hdl a digiuno, trigliceridi e insulina) collegati all'attività fisica. Ebbene, circa il 7% dei soggetti sperimentò risposte avverse legate all'esercizio in due o più parametri. "Ma la maggioranza ne beneficiò", sottolinea comunque l'esperto. Dunque non è il caos di 'appendere al chiodo' le scarpe da ginnastica.

Quanto ai benefici dell'allenamento, secondo Juleen Zierath del Karolinska Institutet di Stoccolma il movimento migliora il metabolismo del glucosio e l'espressione genica nei muscoli. I suoi studi sul Dna mostrano "modificazioni epigenetiche localizzate, che sembrano essere legate ai benefici fisiologici dell'esercizio". Secondo la studiosa, dunque, l'attività fisica "è una medicina" e la capacità di alterare i nostri epigenomi per ottenere una salute migliore "potrebbe essere poco lontana".

Intanto all'Università di Alabama-Birmingham, Marcas Bamman sta cercando di capire in che modo le persone rispondono meglio al training di resistenza mirato ad aumentare la massa muscolare. Obiettivo del suo lavoro, potenziare al massimo gli effetti di questo allenamento, dal momento che le risposte degli sportivi oggi sono così differenti tra loro. E questo nonostante un training identico. La chiave, secondo Bamman, sta nelle cellule staminali muscolari. Alcune persone, spiega, ne hanno più di altre. Mentre in alcuni soggetti è migliore la capacità di utilizzarle. La sua ricerca, conclude Bamman, "ha implicazioni sia per il diabete di tipo 1 che di tipo 2", soprattutto dal punto di vista del controllo del peso.

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