(Aki) - Ma la crisi che si e' scatenata all'improvviso nel paese vicino ha paralizzato i flussi di camion attraverso la frontiera e, secondo Atilla Yesilada, analista turco presso GlobalSource Partners, per il 2014 ci sara' un crollo delle esportazioni non inferiore a un quarto. Queste perdite si sommano a quelle che Ankara gia' subisce rispetto all'altro ex partner regionale, la Siria, paese dal quale, inoltre, arriva in Turchia un flusso incessante di rifugiati costato finora al paese 1,5 miliardi di dollari.
Sul fronte politico, il sostegno di Erdogan alle Primavere arabe del 2011, che inizialmente gli e' valso il titolo di paladino del mondo islamico, oggi pesa come un macigno, tanto che i rapporti con paesi chiave della regione, come l'Egitto, sono molto piu' che tesi. Anche in Occidente, il mito della democrazia islamica di Erdogan e' cominciato a crollare quando si e' diffuso il sospetto che sostenessere i jihadisti anti-Assad. Senza contare i duri colpi inferti alla sua immagine dalle proteste dei giovani cominciate la scorsa estate, un colossale scandalo in materia di corruzione che ha quasi travolto il suo governo e, piu' di recente, il disastro nella miniera di Soma, che ha acceso i riflettori sulle sue politiche sociali fallimentari.
Oggi la Turchia cerca di riposizionarsi. Ha inserito il Fronte al-Nusra, una delle sigle jihadiste attive in Siria, nella sua lista delle organizzazioni terroristiche. Collabora inoltre con l'Europa per fermare i flussi di combattenti diretti in Siria. E quando, nelle scorse settimane, i curdi iracheni hanno preso il controllo di Kirkuk, non ha battuto ciglio, mentre solo qualche settimana fa si sarebbe opposta con fermezza. Ma il paese ha gia' cominciato a pagare il prezzo dei suoi errori del passato. Ad esempio, 80 suoi cittadini sono stati rapiti a Mosul due settimane fa da quei jihadisti che in molti sostengono che in passato abbiano goduto del suo sostegno.
