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Un test della saliva per 'scovare' l'Alzheimer, speranze da studio

20 luglio 2015 | 14.53
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Un test della saliva per rivelare il rischio di sviluppare la malattia di Alzheimer più avanti nella vita. E' la speranza dei ricercatori canadesi dell'università di Alberta, che hanno presentato i risultati dei loro nuovi studi all'Alzheimer's Association International Conference, in corso a Washington DC: alcuni composti chimici presenti nella nostra bocca potrebbero fornire un modo economico e non invasivo per sapere se il cervello ha iniziato a subire i cambiamenti che culminano nella perdita di memoria e funzione cognitiva.

Negli ultimi anni, gli scienziati hanno compiuto scoperte su una serie di possibili biomarcatori legati ai cambiamenti legati all'Alzheimer nel cervello. Alcuni consistevano in una semplice scansione degli occhi o in un test cutaneo. Ma i risultati non sono stati così promettenti. Il team canadese ha riferito di aver studiato la presenza di metaboliti nella saliva, per vedere se potessero essere un indicatore precoce affidabile delle variazioni del metabolismo nel cervello come segnali iniziali della malattia di Alzheimer.

Utilizzando la cromatografia liquida-spettrometria di massa, gli studiosi sono riusciti a distinguere tra i gruppi di partecipanti quelli che stavano invecchiando normalmente e quelli colpiti da decadimento cognitivo lieve, o che avevano avuto già diagnosticato il morbo di Alzheimer.

Altre ricerche presentate all'incontro scientifico americano hanno esaminato la possibilità di analizzare, nel fluido cerebrale, l'elevata presenza di neurogranina, una proteina che si trova solo nel cervello e che svolge un ruolo importante nella conduzione dei segnali tra le sinapsi delle cellule nervose; o, ancora, di impiegare la Pet per identificare stati infiammatori che potrebbero essere fatali per il tessuto cerebrale.

Infine, i neurologi della New York University hanno presentato i dati su una nuova classe di farmaci che hanno come target le proteine beta-amiloidi, che formano le classiche 'placche' nocive per il cervello.

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