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Vaccino russo, Bucci: "Non funziona così, servono dati solidi"

12 agosto 2020 | 13.14
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Secondo il biologo "non si può saltare la fase III di un vaccino, dopo aver fatto 2 piccoli studi su 76 volontari, di cui nessuno sa nulla"

(Fotogramma) - FOTOGRAMMA
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"Non funziona così: non si può saltare la fase III di un vaccino, dopo aver fatto 2 piccoli studi su 76 volontari, di cui nessuno sa nulla, e poi proclamare che siccome il vaccino ha funzionato su una figlia, ormai è pronto. Senza dati solidi, in queste condizioni non mi vaccinerei nemmeno io. Per fortuna, i vaccini" per il coronavirus Sars-Cov-2 "in sviluppo sono circa 200, e dei 4 più avanzati sappiamo molto, molto di più". E' la riflessione che Enrico Bucci, ricercatore in Biochimica e Biologia molecolare e professore alla Temple University di Filadelfia, affida alla sua pagina Facebook, dopo l'annuncio russo di ieri sul primo vaccino contro Covid-19, che sarebbe già stato anche somministrato alla figlia del presidente Putin.

"Fino alla prima metà del XVIII secolo - riflette l'esperto - ai re francesi prima e poi anche a quelli inglesi erano attribuite capacità magiche di guarigione. Erano i 're taumaturghi' descritti per la prima volta compiutamente da Marc Bloch, che grazie all'imposizione delle mani e al loro contatto diretto con Dio, curavano la salute del popolo".

Oggi, l'operazione 'Warp speed' americana e il vaccino 'Sputnik' russo ("mai nome dato ad un vaccino è stato un messaggio così chiaro", per lo scienziato) sembrano "fare leva sulla stessa aspettativa popolare: un uomo potente, che ha a cuore la salute del popolo ed è in grado di superare la norma - la sperimentazione ed il metodo - per guarirlo subito e per sempre dalla piaga", scrive Bucci nel suo post intitolato 'I re guaritori', in cui linka anche un articolo a sua firma sul 'Foglio' proprio riguardo alla 'guerra dei vaccini'.

"Come durante la guerra fredda conta impressionare l'avversario (cinese, russo, americano) con una propria supposta superiorità scientifica, preludio e accompagnamento di quella militare", osserva il biologo, che nel suo intervento sul quotidiano avverte: "Se vogliamo uscire dalla crisi, è necessario che propaganda e geopolitica non prendano il sopravvento sul metodo scientifico e sui protocolli sperimentali".

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