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Sanita': allarme super-Tbc, da Msf appello online a governi e Big Pharma (2)

21 marzo 2014 | 13.58
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(Adnkronos Salute) - "La diffusione della tubercolosi multi-resistente è un problema di tutti e richiede un'immediata risposta internazionale", afferma Stella Egidi, responsabile Medico di Msf. "Oggi - assicura - abbiamo un'opportunità storica: per la prima volta dopo 50 anni abbiamo nuovi farmaci che si affacciano sul mercato mondiale, ma dobbiamo agire in fretta se vogliamo rovesciare le sorti dell'epidemia. Medici senza frontiere chiede le firme di medici, pazienti e cittadini in tutto il mondo. Dobbiamo far sentire la nostra voce per ottenere terapie più efficaci, salvare più vite e arginare questa malattia letale".

La tubercolosi non è una malattia lontana, precisa la Ong. "Un terzo della popolazione mondiale, circa 2 miliardi di persone, è portatore della forma latente dell'infezione, e circa il 10% sviluppa la malattia in forma attiva nell'arco della vita". Di Tbc ci si ammala anche in Italia: "Si contano ogni anno circa 7,5 nuovi casi ogni 100.000 persone, soprattutto nelle grandi città, con il 25% tra Roma e Milano - ricorda Msf - e la Lombardia tra le regioni più colpite. I casi riguardano al 50% italiani (per lo più anziani che hanno contratto la malattia latente da giovani ma la sviluppano ora per indebolimento delle difese immunitarie, terapie croniche o alimentazione carente) e al 50% immigrati, per lo più tra i 25-50 anni, che sviluppano la malattia soprattutto a causa di condizioni precarie di vita, scarsa alimentazione, condizioni di stress".

Msf cura pazienti colpiti da tubercolosi in decine di Paesi come Armenia, Uzbekistan, Ucraina, India, Myanmar, Sud Africa, Swaziland, Lesotho. In Armenia ha ricevuto l'autorizzazione a somministrare uno dei nuovi farmaci per la Tbc multi-resistente, la bedaquilina, e nonostante le difficoltà i risultati sono molto promettenti. In Italia, nel corso del 2013 Msf ha collaborato con le autorità competenti per migliorare la diagnosi e il trattamento della tubercolosi all'interno dei Cie (Centri di identificazione ed espulsione), garantendo lo screening di 3733 persone e la formazione del personale che lavora nei centri.

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