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Vita pazienti a rischio se pochi infermieri lavorano troppo, studio Ue

26 febbraio 2014 | 14.57
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Roma, 26 feb. (Adnkronos Salute) - Il decorso post operatorio e la vita stessa dei pazienti è a rischio se nel reparto ci sono pochi infermieri che lavorano troppo. E' quanto ha stabilito la più grande indagine europea condotta fino ad oggi su 420 mila pazienti in 300 ospedali di 9 Paesi Ue. Secondo il lavoro, guidato dall'University of Pennsylvania of Nursing (Usa) e pubblicato su 'Lancet', ogni paziente aggiunto alla quantità media di lavoro di un infermiere può aumentare (del 7%) la probabilità che i malati non sopravvivano entro 30 giorni dal ricovero. Mentre un aumento del 10% del personale in possesso di una laurea è associato ad una diminuzione del 7% del rischio di decesso dei pazienti.

"I nostri risultati - sottolinea Linda Aiken dell'University of Pennsylvania School of Nursing - sottolineano un rischio per i pazienti che potrebbe emergere con i tagli al personale infermieristico, una delle conseguenze delle recenti misure di austerità in alcuni paesi Ue. E - aggiunge l'esperto - suggeriscono di dare maggior spazio negli ospedali a chi è in possesso di una laurea, che abbiamo visto influisce nel ridurre le morti in ospedale".

I ricercatori hanno analizzato le risposte di oltre 26.500 infermieri ad ad un questionario e le cartelle cliniche di 422.730 pazienti (over 50) di nove Paesi Ue (Belgio, Inghilterra, Finlandia, Irlanda, Paesi Bassi, Norvegia, Spagna, Svezia e Svizzera) dimessi dopo un intervento di chirurgia generale. Dalla protesi dell'anca o del ginocchio, ad un'appendicectomia, fino alle procedure vascolari. L'analisi dei dati ha esaminato l'associazione del carico di lavoro per le cura e l'assistenza degli infermieri con i risultati ottenuti dal paziente nel post operatorio. Un calcolo che ha tenuto conto anche di molte variabili legate al ricoverato: l'età, il sesso, il tipo di procedura chirurgica, la presenza di condizioni croniche come l'ipertensione o il diabete.

Secondo i ricercatori, la percentuale complessiva di pazienti deceduti in ospedale entro 30 giorni dal ricovero è bassa, variando entro una media che va dall'1 al 5%. Tuttavia, in ogni Paese, i tassi di mortalità cambiano notevolmente tra i singoli ospedali: in alcune strutture è deceduto meno dell'1 % dei pazienti, ma in alcuni nosocomi si può arrivare oltre il 7 % di decessi. I risultati - suggeriscono i ricercatori - dimostrano che chi è ricoverato in ospedale per un'operazione, ha un più alto rischio di decesso dopo l'intervento se gli infermieri del reparto hanno bassi livelli d'istruzione e seguono troppi pazienti.

Ad esempio - riporta la ricerca - nelle strutture dove gli infermieri si occupano in media di sei pazienti a testa e la percentuale di chi è laureato è oltre il 60%, il rischio di decessi ospedalieri è inferiore di quasi il 30% rispetto alle strutture in cui i colleghi si occupano (in media) di otto pazienti e in cui solo il 30% degli infermieri ha una formazione di alta qualità.

Secondo Alvisa Palese dell'Università di Udine e Roger Watson dell'Università di Hull (Gb) "questo studio fornisce le prove a favore di un rapporto infermiere-paziente più appropriato e anche il supporto ai decisori affinché venga rafforzata l'istruzione universitaria degli infermieri. Questi risultati - avvertono i due esperti - dovrebbero essere utilizzati per fare pressione sulle scelte della politica nelle decisioni che riguardano l'assistenza sanitaria o il modo in cui vengono attuate quelle giuste nella pratica quotidiana degli ospedali. Temiamo - concludono - che le prove raccolte dallo studio non saranno valutate nella giusta ottica perché, purtroppo, hanno un costo per il sistema".

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