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Tumori: Cipomo, grandi attese per immunoterapia ma pari accesso cure

04 giugno 2014 | 14.56
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Roma, 4 giu. (Adnkronos Salute) - Per i nuovi farmaci che riescono a regolare la risposta immunitaria, scatenando la reazione dell'organismo contro diversi tipi di tumore, "le attese sono veramente altissime e riguardano molte neoplasie", afferma Gianpiero Fasola, presidente del Collegio dei primari oncologi medici italiani (Cipomo), commentando le novità emerse dal 50.esimo congresso dell'American Society of Clinical Oncology (Asco), che si è appena chiuso a Chicago.

"A Chicago - sottolinea - è stato presentato lo stato di avanzamento dello sviluppo di queste nuove molecole dai nomi spesso complessi, che hanno mostrato risultati straordinari in una percentuale di pazienti con carcinoma del polmone. Il loro sviluppo va anche verso l'impiego in altre neoplasie tra cui carcinoma renale, carcinomi del capo-collo, della mammella e del colon". Per l'oncologo, "la conoscenza più ampia delle cause genetiche dei tumori, la varietà di approcci come ad esempio quello chemioterapico tradizionale, i farmaci a bersaglio molecolare e i farmaci immunomodulatori, i continui miglioramenti della diagnostica e della chirurgia fanno intravedere la possibilità di sconfiggere davvero questa malattia che già oggi può essere vinta in oltre la metà delle persone che si ammalano".

Tanta speranza, ma ancora "alcune ombre: la prima - spiega Fasola - è la sostenibilità dei costi delle cure. Già oggi diversi Paesi anche europei non sono in grado di assicurare ai loro cittadini le terapie migliori, e perfino negli stati Uniti, diversi pazienti che non sono assicurati, o ai quali l'assicurazione non riconosce tutte le cure, non sono in grado di pagare le medicine delle quali hanno bisogno. La velocità dei progressi, l'aumento continuo dei cittadini vivi con tumore, che richiedono cure, e il costo unitario dei nuovi farmaci - oscillante tra 50 e 150.000 dollari per anno di terapia - stanno generando una miscela esplosiva. Bisogna evitare l'utilizzo di trattamenti al di là di ragionevoli probabilità di efficacia e l'uso intensivo di diagnostica strumentale quando non vi sia un chiaro effetto sulla strategia terapeutica". Ma soprattutto scongiurare il rischio della "disparità di accesso alle cure".

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